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Dampyr – Nuovo Gotico Italiano | Recensione

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Un viaggio tra Napoli e Milano, attraversando i secoli e la Storia, alla ricerca di vampiri e oggetti preziosi. L’essenza di Dampyr in un unico volume.

Dopo il volume pubblicato nel 2018, intitolato Incubi Italiani, nel quale erano presenti alcune storie dampyriane ambientate in Italia, la Sergio Bonelli Editore ha deciso di aggiungere una nuova antologia tutta incentrata su avventure del nostro Bel Paese.

Nuovo Gotico Italiano è un volume di Dampyr che raccoglie sicuramente alcuni tra gli sforzi creativi più importanti realizzati per la serie. Le storie che sono al centro di questa raccolta sono state pubblicate tra il 2004 ed il 2013, ed uniscono Storia, Letteratura e mitologia dampyriana in maniera fortissima.

Il maggiore sforzo documentaristico e creativo è certamente quello effettuato per La Maledizione di Varney e I Misteri di Napoli. Al centro di questo unico filone narrativo c’è proprio il vampiro Varney, nato come Penny Dreadful in epoca vittoriana, ed ispiratore del celebre Conte Dracula. Ma, a sua volta, Varney deve qualcosa al racconto di John Polidori del 1819, nato durante il soggiorno del dottore a Ginevra, assieme allo scrittore Lord Byron ed ai coniugi Shelley. Sarà in questo contesto che nascerà anche il seminale capolavoro Frankenstein (ad opera di Mary Shelley).

La Maledizione di Varney è il racconto di quel soggiorno svizzero di Polidori e dei suoi compagni, e di come la presenza del vampiro Varney fosse tutt’altro che frutto di fantasia. Il tutto s’incrocerà con un viaggio di Lord Byron e dello stesso Varney a Napoli, città in cui Harlan e Kurjak, guidati dal cicerionano Don Raffaele, dovranno far luce sulla reale esistenza del vampiro che ha ispirato così tanta letteratura.

Le due storie milanesi sono invece La Corona di Ferro, ed Il Demone delle Cose Perdute, entrambe facenti parte dello stesso filone narrativo, nel quale i tarocchi serviranno da guida per ricostruire il percorso della Corona ferrea, prezioso oggetto utilizzato fino al Diciannovesimo secolo per l’incoronazione del Re d’Italia (e che si dice sia stata forgiata utilizzando il ferro di uno dei chiodi della croce di Gesù). La scomparsa della Corona è legata a vicende che affondano nella storia di Milano, e che porteranno Harlan ad affrontare il più pericoloso dei demoni.

L’ultima storia invece riporta Dampyr a Napoli, e metterà al centro le vicende della famiglia Ayala, e la giovanissima Silvia, perseguitata da una donna che vive attraverso i secoli, piegata dal volere di un potente Maestro della Notte.

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Insomma, di storie all’interno di Nuovo Gotico Italiano ce ne sono tante, e la qualità della ricostruzione storica, intrecciata alle vicende narrative, è notevole. Ciò che però fa soffrire parecchio la scorrevolezza del volume è la pesantezza dei dialoghi, utilizzati da Mauro Boselli nelle sue quattro storie per raccontare molte vicende storiche, facendole ben intrecciare con le situazioni affrontate da Dampyr. Ma il tipo di consistenza dei balloon è tale da far perdere in diverse occasioni il ritmo della narrazione che, di base, ha trame veramente notevoli (soprattutto il mini ciclo narrativo che racconta le vicende di Varney il Vampiro merita l’attenzione di tutti gli appassionati di letteratura horror).

L’ultima storia, intitolata La Monaca, è invece realizzata da Claudio Falco, il quale dà maggiore fiato e ritmo alla narrazione, giovando alla storia, ed esaltando una Napoli gotica, che suggerisce anche qualche atmosfera alla Dario Argento.

Notevoli sono i disegni di tutte le storie presenti nel volume: mentre Stefano Andreucci esalta gli ambienti gotici del fumetto su Varney, Majo per la storia ambientata a Milano utilizza campiture che riescono a tratteggiare una città dal sapore antico. Non ultimo Nicola Genzianello ne La Monaca presenta una Napoli rarefatta, appena palpabile, capace di perdersi nell’oscurità dei suoi vicoli e dei suoi misteri, che Harlan Draka sarà chiamato a risolvere.

Insomma, Nuovo Gotico Italiano è un volume di pregio, che presenta storie dalle trame intriganti, e notevoli a livello documentaristico. L’unica nota è la pesantezza dei dialoghi che mette a volte in difficoltà il lettore, facendo perdere il ritmo della narrazione.

Ma, parte della migliore essenza di Dampyr è respirabile all’interno di questo volume interamente dedicato ai misteri del nostro Bel Paese.

Dampyr – Nuovo Gotico Italiano | Recensione è di MangaForever.net


Nosferatu di Paolo D’Onofrio | Recensione

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Un volume che omaggia e riproduce fedelmente il film horror simbolo della storia del Cinema, realizzato da Friedrich Murnau.

La storia del Cinema e la storia della Letteratura unite per un’unica grande opera. Ora quel condensato di arte e narrativa è diventata anche un piccolo pezzo di storia del fumetto italiano. Perché Nicola Pesce Editore, da casa editrice amante delle storie di genere, ha voluto omaggiare il Nosferatu di Friedrich Murnau, la pellicola cinematografica del 1922 ispirata al Dracula di Bram Stoker, con un fumetto appositamente dedicato.

Il volume intende riproporre in maniera pedissequa la pellicola iconica, divenuta tra le basi del cinema espressionista e horror in generale. Infatti, il disegnatore Paolo D’Onofrio non fa altro che riprodurre dei singoli fotogrammi della pellicola, affiancandoli con le didascalie originali utilizzate per il film muto. Il tratto di D’Onofrio solitamente sarebbe più adatto per i layout, piuttosto che per delle tavole definitive, ma, proprio per  questa sua poca definizione riesce a  riproporre l’effetto della pellicola di  Murnau.

Si tratta di un’operazione fedeltà ancora più arricchita dall’utilizzo di una carta color seppia capace di riprodurre lo stesso colore della pellicola originale. Insomma, questo volume di Nosferatu è un vero e proprio atto d’amore, che farà la gioia di tutti gli appassionati d’horror, i quali non possono che considerare imprescindibile il film realizzato dal cineasta tedesco.

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La storia alla base del fumetto (e del film) è risaputa: il giovane Hutter lavora a Wisborg presso un’agenzia immobiliare. Il suo principale gli offre la possibilità di andare in Transilvania a concludere un affare con il Conte Orlok. Ellen, la moglie di Hutter, è preoccupata, e non vorrebbe che il marito si avventurasse nei Carpazi. Ma la partenza di Hutter lo porterà a certificare i dubbi della consorte: il conte Orlok è l’incarnazione del Nosferatu, il vampiro sanguinario temuto da tutti gli abitanti della zona. Sarà così che inizierà il viaggio di Orlok verso la cittadina di Wisborg, dove la sua presenza sarà accompagnata da morte, sangue e violenza.

Quando Murnau realizzò questa pellicola stava chiaramente riproponendo il Dracula di Bram Stoker su pellicola, variando alcuni elementi ed ambientazioni. Ma la famiglia del celebre scrittore, che non era stata contattata per l’acquisizione dei diritti,  se ne accorse e denunciò il regista, che dovette ritirare e bruciare tutte le copie distribuite. Fortunatamente Murnau ne salvò una, che oggi viene venerata come una reliquia, e considerata la portatrice di un’opera di riferimento per la storia del Cinema.

L’apparato introduttivo realizzato da Nicola Pesce Editore ripercorre la storia del celebre conte Dracula, e della stessa pellicola di Murnau. Il film venne successivamente riproposto in versione moderna dal maestro Werner Herzog, il quale riuscì nella difficilissima impresa di realizzare un’opera all’altezza dell’originale.

La storia di Nosferatu assunse così nel tempo un percorso autonomo anche rispetto allo stesso Dracula (grazie soprattutto al suo aspetto esteriore, abbastanza differente da quello più fascinoso del Conte). E negli anni si è passati dal non eccelso Nosferatu a Venezia, fino ad arrivare a LOmbra del Vampiro, pellicola con protagonista Willem Dafoe, che racconta, in versione molto fantasiosa, la produzione della pellicola di Murnau.

Il Nosferatu realizzato da Paolo D’Onofrio è un fumetto imperdibile per tutti gli appassionati di horror, che ripropone in maniera fedele e attenta la pellicola di  Murnau, attraverso il media fumetto. Operazioni di questo tipo sono più che apprezzabili, a maggior ragione considerando che la Nicola Pesce Editore è da sempre amante delle storie di genere, ed ha negli ultimi tempi realizzato altri volumi che ripropongono personaggi e pellicole entrate a far parte della storia del Cinema (dal volume dedicato a Cannibal Holocaust 2, fino ad arrivare al seguito di Edward Mani di Forbice).

 

Nosferatu di Paolo D’Onofrio | Recensione è di MangaForever.net

Le Copertine di Tex Gigante 2000-2018 | Recensione

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Un volume che ripercorre il cammino lungo tutti gli anni Duemila delle copertine di Tex, nel segno del grande Claudio Villa.

Chiunque sia appassionato di Tex, e sia nato tra la fine degli anni Ottanta ed i primi Novanta ha avuto il primo approccio ad Aquila della Notte grazie alle copertine di Claudio Villa. Nell’immaginario collettivo di quasi due generazioni l’immagine di Tex è associabile al tratto del disegnatore che ha raccolto l’eredità di Aurelio Galeppini.

Le Copertine di Tex Gigante 2000-2018 è un volume che raccoglie l’ultima parte di quella tradizione d’immagini ad effetto realizzate da un fumettista capace di creare un ponte tra passato e presente. Lo stesso Claudio Villa all’interno del volume dichiara che “Fare le copertine di Tex dopo il numero 400 è stato come camminare su un filo teso tra due mondi: la tradizione da una parte, e dall’altra la voglia di modernizzare il linguaggio”.

E Villa è riuscito al meglio a mantenere gli elementi più importanti delle copertine di Galep (spesso fatte da primi piani di Tex con sullo sfondo l’ambientazione ed i personaggi al centro della storia), con la ricchezza di dettagli e la corporatura imponente dei protagonisti. Il Tex di Claudio Villa, soprattutto a parti dagli anni Duemila, inizia sempre più a prendere le sembianze (rispettando una certa tradizione) di quegli eroi action del cinema contemporaneo. La suggestione delle ambientazioni e delle tematiche trattate diventa sempre più importante, capace d’ispirarsi anche ad una singola vignetta, per suggerire al lettore una storia ricca di avventure, intrighi, o magari tanti misteri.

A volte le copertine di Claudio Villa riescono a suggerire ancora di più di quanto la stessa trama offra al lettore. La qualità delle suggestioni del Villa copertinista riesce a creare spesso degli universi narrativi capaci di far fantasticare, oltrepassando la stessa trama dell’albo.

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Insomma, questo ultimo volume dedicato alle Copertine di Tex Gigante è sicuramente quello più vicino ed emotivamente coinvolgente per l’ultima generazione di appassionati texiani, in grado allo stesso tempo di portare avanti un’operazione di analisi filologica importante. Ad esempio, la sezione dedicata alle quarte di copertina è completa, alla pari di quella dedicata alle copertine.

I vari contenuti del volume sono importanti per analizzare alcuni cambiamenti e momenti che hanno ruotato attorno ai mutamenti fisici degli albi di Tex. Ad esempio “Il Giornale di Sergio Bonelli”, nato come appendice nel 1988, e dedicato alla presentazione ed introduzione alle pubblicazioni della SBE, si chiude nel 2009 con lo spostamento di queste informazioni direttamente sul sito.

Questi volumi dedicati alla tradizione, ed alla storia editoriale della Sergio Bonelli Editore, pongono ancora di più l’accento su quanto la casa editrice di Via Buonarroti abbia segnato la storia della cultura popolare italiana negli ultimi settant’anni. La SBE ha sicuramente saputo rinnovarsi (e mai come oggi sta operando un restyling interno ed esterno), mantenendo però, in maniera quasi artigianale, una tradizione che fa parte, non solo del comparto creativo di ogni singolo albo, ma che si palesa anche a livello fisico. Ogni albo Bonelli è infatti frutto di una produzione attenta ad i materiali ed ai formati dei propri prodotti, resi riconoscibili, e perfettamente identificati come marchio di fabbrica della SBE.

Perciò ben vengano volumi come Le Copertine di Tex. Non sono altro che un’analisi attenta, ed una presa di coscienza di ciò che Umberto Eco sottolineava già nel 1964 con Apocalittici e Integrati: il culto e l’esaltazione della qualità insita nei prodotti della cultura di massa.

Le Copertine di Tex Gigante 2000-2018 | Recensione è di MangaForever.net

Volt 8 – Non Aprite Quel Negozio | Recensione

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Continuano le avventure di Volt, alter-ego robotico di Stefano The Sparker Conte, tra fumetto e fumetteria in una nuova stagione che, in questo numero, prende una piega…horror!

 Volt 7 – Un giorno da Rex ha aperto la nuova stagione di Volt, simpatico robottino ideato da Stefano The Sparker Conte, che abbiamo già avuto il piacere di conoscere nei primi sei numeri dello scorso anno. Dopo aver approfondito con la solita ironia (e seppur ancora non in maniera completa) la grande organizzazione mondiale delle M.O.M.S., e dopo aver ampliato la conoscenza di uno dei principali antagonisti (o meglio, uno dei principali rompiscatole della fumetteria!) di Volt, Tiberius, è tempo con Volt 8 – Non aprite quel negozio, che la storia prenda una piega decisamente…horror!

IL RITORNO DELLE PERE MARCE

Dopo aver raccontato ai nipotini And, Or e Not, la volta in cui ha avuto a che fare con la famiglia di Tiberius e di come riuscì ad aiutare (involontariamente, ovviamente!) uno dei suoi più fastidiosi clienti, è tempo questa volta per nonno Volt di raccontare il pericolo che corrono tutti gli assidui lettori di fumetti. Incitato dalla curiosità dei nipotini e spinto dalla voglia irrefrenabile di raccontare il suo avventuroso passato, il vecchio Volt inizierà a raccontare di quella volta in cui l’uscita del nuovo numero di Nasuto trasformò abituali clienti nel pericolosissimo esemplare di semprechiuso zombie, una fastidiosissima tipologia di cliente (classificata dal Nerdonomicon, uno speciale “PokèDex” delle tipologie di clienti insopportabili, con ben 220 straziapunti) che assale il negozio ben prima dell’orario di apertura, diventando una serie minaccia per il negozio fisico stesso e soprattutto per il negoziante, additato come nullafacente ma che, aprendo il negozio in orario, fa solo e semplicemente il suo lavoro (anche perché, gli straordinario non glieli pagano mica questi individui a forma di pere marce!).

Come se la caverà Volt, preso d’assalto da una mandria di semprechiuso zombie, “potenziati” dalla frenesia per l’uscita del nuovo numero di Nasuto? Con astuzia, coraggio e tenacia (e si, ammettiamolo, anche grazie all’aiuto di Blackspot e del suo arsenale segreto nascosto in negozio!) Volt cercherà di gestire una situazione in un inferno horror nel quale non era mai stato prima d’ora…e alla fine scoprirà che, dietro a questo inconsueto attacco, potrebbe nascondersi una minaccia ancora più grande.

VOLT A ZOMBIELAND

Lo stile di The Sparker, ormai, abbiamo imparato a conoscerlo: tanta ironia, mai banale e fuori luogo. Con Non aprite quel negozio, secondo numero della nuova stagione e ottavo complessivo, l’autore prova a portare elementi horror/splatter (ovviamente senza marcare la mano e facendo adattare il tutto al tono a cui il fumetto ci ha abituato) realizzando una buona storia capace di intrattenere e divertire.

Quello che sorprende, ad ogni numero di Volt, è la coerenza narrativa e la capacità di portare avanti una trama generale, nonostante il percorso “a tappe” e l’autonomia che ogni storia mantiene tranquillamente. Supportato da saldaPress (la quale riesce, con una cura editoriale amorevole e piena d’attenzione, a valorizzare ogni suo autore in catalogo) The Sparker continua a mantenere un buon livello qualitativo e ad intrattenere ogni due mesi, con un albo che ispira simpatia anche solo a prenderlo in mano(ad un ottimo e onesto prezzo di copertina, il che non è di certo poo) un pubblico di tutte le età.

Volt 8 – Non Aprite Quel Negozio | Recensione è di MangaForever.net

La Lupa di Lorenzo Palloni | Recensione

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saldaPress ripropone in una nuova edizione rimasterizzata La Lupa, il graphic novel con cui Lorenzo Palloni entra di diritto nel gotha degli autori crime e noir rivitalizzando il genere anche per il mercato italiano.

saldaPress propone in una nuova edizione rimasterizzata e ricolorata da Luca Lenci, La Lupa, uscito originariamente come autoproduzione per il collettivo Mammaiuto, con il titolo Esatto, e andato velocissimamente esaurito, il graphic novel con cui il giovanissimo Lorenzo Palloni – classe 1987 – si è imposto all’attenzione di critica e pubblico, testimoniata dall’invito alla Maison Des Auteurs di Angoulême e dal Premio Boscarato come “Miglior Sceneggiatore Italiano” e aprendogli le porte per i successivi lavori pubblicati fra Shockdom e Rizzoli Lizard.

Ginger si muove in una città anonima fra periferie e immigrati, fra gente disperata e insospettabili professionisti. Ginger fa un lavoro pericoloso e sporco, sporchissimo: recupera crediti per conto di uno strozzino, il dottor Sannicola. E lo fa senza pietà.

Non c’è storia personale che scalfisca “l’etica” professionale di Ginger e i debiti vanno sempre pagati. Il suo è un rapporto schietto con i creditori come testimoniato dai suoi ferri del mestiere, due pesanti guanti rivestiti di piombo. Ma Ginger è anche una madre e una moglie che riesce, incredibilmente a tenere separati questi due aspetti così contraddittori della sua esistenza.

Il turbinio di umanità che Ginger affronta giornalmente ben presto la travolge: uno strozzino concorrente infatti non intende rispettare quelle regole non scritte che vigono fra malviventi scatenando una guerra per il territorio.

Nel bel mezzo di questa guerra iniziamo a scoprire il passato, violento, di Ginger ma soprattutto quello che l’aveva resa “invincibile” – riuscire a separare lavoro e vita privata – si sgretola. Ginger compie qualche leggerezza di troppo, diventa avventata e decide di farla finita: chiudere con il crimine, mandare in pensione Sannicola… ma per farlo dovrà punire un ultimo creditore, una punizione che potrebbe costarle caro proprio davanti agli occhi del figlio.

Come un cazzotto ben assestato alla bocca dello stomaco La Lupa travolte il lettore tenendolo incollato per tutte le 200 pagine del libro in una discesa nei meandri della disperazione umana in un turbinio di personaggi dalla dubbia moralità e di disperati al cui cospetto si palese la protagonista Ginger – giudice, giuria e boia – che a sua volta si sgretola e con lei un modo di vivere basato sulle bugie, sui non-detti e soprattutto – sopra ogni altra legge e dettato etico-morale – sulla violenza.

La Lupa è un graphic novel che affonda le sue radici nella tradizione crime e noir più spinta e lì cuoce a fuoco lento verso un finale tanto imprevedibile quanto scontato.

A dispetto della sua giovane età, Lorenzo Palloni condensa una serie di rimandi precisi passando con agilità dallo Sconosciuto di Magnus ad Alack Sinner di Munoz e Sampayo fino a Richard Stark e agli adattamenti dei suoi racconti dedicato a Parker firmati dal mai troppo compianto Darwin Cooke finendo fino alla scuola americana più mainstream di Brian Azzarello e Jason Aaron mentre al vertice c’è Edward Bunker.

Proprio questo mix, perfetto e riuscitissimo di suggestioni, contribuisce a rendere La Lupa un graphic novel eccezionale.

Palloni non cede infatti alle “lusinghe” di una certa scuola neo-realistica italiana che soprattutto in campo televisivo e cinematografico ha incensato la vita criminale, spettacolarizzandola e sollevandola a “normalità” ma al contrario la interiorizza mettendo sugli scudi proprio il mantra di Bunker: “il crimine non paga”. La vita di Ginger è una illusione costruita sulle menzogne che si disgrega e non ha acluna possibilità di redenzione.

Graficamente il libro trova la sua ragion d’essere nel particolare formato quadrato. Mentre dal punto di vista del tratto il chiaroscuro e il già citato Darwyn Cooke sono le cifre ultime con cui Palloni gestisce il suo racconto, è la costruzione della tavola l’aspetto più interessante da menzionare.

La gabbia a 9 vignette diventa quindi strumento efficace e sotto molteplici punti di vista. E’ utile per le sequenza in analessi – grazie anche ad un sapiente uso dei colori – alternando le vignette in maniera regolare e permettendo una narrazione parallela nella stessa pagina ma fornisce anche un taglio cinematografico quando il particolare di una vignetta si allarga al generale della pagina in un ideale piano sequenza che sembra voler sottolineare come le apparenze ingannano e nulla è come sembra nelle vicende di Ginger.

Ottima la cura carto-tecnica del volume saldaPress che aggiunge come extra due brevi post-fazioni e qualche sketch preparatorio.

La Lupa di Lorenzo Palloni | Recensione è di MangaForever.net

Incubi di Michele Penco | Recensione

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Un volume composto da racconti a fumetti che omaggiano Lovecraft, e che si caratterizzano per disegni sopraffini.

L’eredita di H.P. Lovecraft si trasmette, quasi contaminandosi, generazione dopo generazione. Le sfortune che lo scrittore ha vissuto in vita, subito dopo la sua morte si sono trasformate in celebrazioni, esaltazione di una mitologia orrorifica nata da una mente creativa prolifica e disturbante.

Lovecraft ha ispirato i grandi maestri dell’horror, in letteratura come al cinema, da Stephen King a John Carpenter. Ed anche in Italia sono in molti a tributargli onori ed ispirazioni. L’ultima opera che è frutto dell’ispirazione lovecraftiana è intitolata Incubi: a realizzarla è stato Michele Penco, fumettista emergente, allievo di Gipi, che ha creato una sinergia tra tematiche lovecraftiane e ambientazioni puramente italiane.

Incubi è una raccolta di piccole storie a fumetti: si va da Autoritratto, che racconta di un pittore contaminato e trasformato egli stesso in un’opera d’arte, a La Città sull’Oceano, storia nella quale il visitatore di un piccolo paese si ritrova ad essere inseguito da mostri provenienti dal mare.

Ognuno dei racconti utilizza una voce narrante, quella del protagonista, rifacendosi alla tecnica del racconto in prima persona spesso utilizzata dallo stesso Lovecraft. Ma oltre alle tecniche narrative, anche le suggestioni, le immagini e le visioni dei protagonisti sono le stesse che si ritroverebbero anche in una storia del maestro di Providence. Penco utilizza le vignette e la narrazione per immagini in maniera così sapiente da rendere quasi superflue le didascalie ed i baloon.

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La capacità narrativa del fumettista autore di Incubi è notevole, e capace di suggestionare e creare immagini angoscianti, rendendo così vivida l’esperienza di lettura, a tal punto da riuscire a traslare lo stesso media fumetto. La capacità di saper raccontare per immagini di Penco sarebbe quasi più associabile a quella del media televisivo o cinematografico. Le immagini che scorrono sulla pagina diventano infatti frammenti di una pellicola che scorre nella mente del lettore, creando sensazioni vivide.

Inoltre, la tecnica di disegno di Penco è caratterizzata da un tratteggio a matita che riesce ad essere molto espressivo ed evocativo. L’attenzione e la cura dei dettagli di ogni singola vignetta è capace di creare immagini potentissime, soprattutto quando vengono messi al centro i paesaggi, e le scene in cui sono i campi larghi a farla da padrone. I disegni di Penco andrebbero prima fruiti all’interno della narrazione, e poi osservati, ammirati come delle piccole opere d’arte capaci di evocare sensazioni pure.

La Nicola Pesce Editore è una casa editrice sempre cara al genere horror (da poco abbiamo proposto l’ottima trasposizione fumettistica di Nosferatu), e che sa puntare gli autori di talento. Michele Penco è un autore del quale si parla da qualche tempo, e che nel 2012 ha esposto le tavole delle sue opere al BilBolBul di Bologna.

Incubi è sicuramente un biglietto da visita importante per Penco, il quale ha dimostrato di saper lavorare bene con le suggestioni e gli ambienti oscuri. Un fumettista del genere è ideale da vedere a lavoro su progetti autoriali, ma anche su serie e progetti acclamati e popolari (un’esperienza su Dylan  Dog non sarebbe affatto male).

Per tutti gli amanti di Lovecraft, dell’horror, e del fumetto d’autore, Incubi è il volume ideale per rimanere conquistati dalle capacità di un autore, frutto di una scuola fumettistica italiana che non smette mai di rigenerarsi (vivendo anche di grandi contaminazioni).

Incubi di Michele Penco | Recensione è di MangaForever.net

Cixi La Dama Dragone 1 – Historica Biografie Vol. 23 | Recensione

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Mondadori Comics ci propone un’opera che ci conduce nel cuore della Cina Imperiale! Non perdete questa nuova uscita di Historica Biografie che presenta le vicende di Cixi, conosciuta come la Dama Dragone, narrate da Philippe Nihoul e disegnate dal bravissimo Fabio Mantovani!

La collana Historica Biografie di Mondadori Comics presenta la prima parte di Tseu-Hi La Dame Dragon, opera che narra le coinvolgenti vicissitudini di Cixi, conosciuta come la Dama Dragone, una delle più celebri e controverse concubine della storia cinese. La vicenda, narrata da Philippe Nihoul, è ricca di intrighi e colpi di scena e non mancherà di entusiasmare quei lettori che amano le avventure di ambientazione storica basate su complotti e macchinazioni.

Cixi è una bellissima ragazza di Pechino dal carattere ribelle e volitivo. Il padre la maltratta e inoltre ha la sfortuna di vivere in una società che considera le donne esseri inferiori, se non vere e proprie disgrazie. Nella storia, effettivamente, Nihoul ci fa vedere, senza filtri, le violenze che l’universo maschile esercita su quello femminile. Non mancano sevizie e omicidi ai danni di ragazze indifese, spesso tormentate dalla fame e dalla miseria. In generale, comunque, il contesto della Cina Imperiale del 1848 si basa sulla sopraffazione del più debole.

Al vertice c’è l’imperatore, considerato un dio, e a un livello inferiore si collocano gli altri esseri umani. Molti di loro, per sfuggire alla povertà, sono pronti a compiere qualunque cosa. Cixi fa parte della categoria e, consapevole della sua irresistibile bellezza, decide di farne uso, sobillata da Li, un giovane mendicante che per certi versi ha avuto una vita persino più difficile di quella di Cixi. Per poter salire di rango, ha addirittura accettato di diventare eunuco, rinunciando, quindi, alla virilità. Ma è l’unico modo che gli permette di entrare nella corte dell’imperatore e, una volta raggiunto il suo obiettivo, riesce a coinvolgere la bella Cixi.

Grazie ai suoi suggerimenti, quindi, la ragazza diventa la favorita dell’Imperatore e, con l’ausilio della sua perizia sessuale, riesce a circuire e dominare un uomo non privo di debolezze. Lo scopo è ottenere il potere e a un certo punto Cixi riuscirà nel suo intento, con esiti devastanti per la Cina. Nihoul descrive in maniera efficace una società in cui il sesso è un’arma politica da utilizzare senza scrupoli. Evidenzia le disparità sociali e sessuali e l’intrinseca ingiustizia di un paese che non tutti considerano civile, a cominciare dagli inglesi che in diverse occasioni si confronteranno con abitudini e costumi da loro definiti barbari.

C’è pure il tema importante del dissidio nei confronti dei cristiani, anche loro vittime della violenza cinese. In poche parole, la storia di una donna dà la possibilità a Nihoul di affrontare una molteplicità di argomenti, fornendo al lettore innumerevoli spunti di riflessione. La delineazione psicologica dei due protagonisti è impeccabile e i testi e i dialoghi risultano profondi e intensi.

Questo lavoro è valido anche per ciò che concerne i disegni. Spetta al bravissimo Fabio Mantovani il non facile compito di illustrare la magnificenza della Cina Imperiale. Il suo stile è naturalistico e dettagliato e ogni vignetta è impreziosita da particolari infinitesimali che hanno del prodigioso. Vale specialmente per le tavole ambientate nella maestose abitazioni dell’Imperatore, ma pure per la raffigurazione dei costumi d’epoca, delle armi, degli arredi, delle decorazioni e degli splendidi paesaggi naturali che a volte fanno da sfondo alla narrazione.

In un caso specifico, quello incentrato su Li che insegna le arti amatorie a Cixi, Mantovani si collega alla tradizione illustrativa cinese ottocentesca, facendo sfoggio di un tratto fluido, pulito, essenziale, dotato di notevole raffinatezza. Considerando che, come ho scritto, il sesso e l’erotismo sono elementi fondamentali della trama, Mantovani visualizza con maestria la sensualità e la fisicità della stupenda Cixi, senza, tuttavia, scadere nella volgarità. I primi piani di molte vignette gli consentono poi di esprimere le aggressive emozioni che animano tutti i personaggi.

Bisogna, infine, menzionare i colori dello stesso Mantovani. In genere opta per tonalità cupe e ombrose, in linea con l’atmosfera torbida e inquietante della storia, ma non mancano sfumature vivide, quasi psichedeliche, presenti nelle sequenze più estreme e violente. Insomma, questa prima parte di Tseu-Hi La Dame Dragon è da tenere d’occhio e sarebbe proprio un peccato ignorarla.

 

Cixi La Dama Dragone 1 – Historica Biografie Vol. 23 | Recensione è di MangaForever.net

Tex Willer 6 – Coyoteros! | Recensione

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Il giovane Tex si avventura nel New Mexico, all’inseguimento di una pericolosa e sangiunaria tribù: i Coyoteros.

Siamo ancora nel New Mexico. Il giovane Tex Willer è affiancato da un gruppo di fuorilegge messicani alla ricerca di redenzione. E nel corso del viaggio arriverà l’occasione buona per ottenerla. In Coyoteros! Tex se la vedrà con un gruppo d’indiani, tra i più violenti e sanguinari di tutto il West, i quali hanno preso d’assalto una cittadina e portato con sé la giovane Tesah, grande amica di Aquila della Notte.

Il giovane Tex Willer si ritroverà faccia a faccia con Murray, un uomo diffidente nei suoi confronti, e soprattutto nei confronti degli indiani. La vita di Tesah non conta tanto per Murray, perciò quello con Tex diventerà uno scontro etico ed ideologico per dare importanza ad una vita, al di là delle appartenenze e del colore della pelle.

Questa avventura della serie Tex Willer, porta avanti il filone narrativo avviato con l’albo precedente, intitolato I Due Disertori, dando importanza ad un tema molto dibattuto di questi tempi: il valore dell’essere umano al di là della propria appartenenza. Già nello scorso albo il giovane Aquila della Notte ha creduto nella possibilità di redenzione di due fuorilegge messicani. E, come ben sappiamo, Tex è da sempre un alleato degli indiani (una caratteristica che apparteneva a ben pochi americani durante l’Ottocento).

Queste qualità umane sono la base di ciò che rappresenta Tex con i suoi ideali e valori. L’aspetto interessante della testata dedicata al giovane Tex è proprio il veder nascere questi valori durante le prime avventure del futuro ranger. Certo, trattandosi di storie di gioventù è chiaro che lo sceneggiatore e curatore Mauro Boselli evidenzia anche qualche errore di valutazione dato dall’inesperienza (e questo albo ne mette qualcuno in rilievo). Ed è proprio questo l’elemento che potrebbe diventare il punto forte della serie.

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La testata Tex Willer in futuro potrebbe aprirsi gradualmente ad alcuni sperimentalismi, facendo vedere il personaggio protagonista impegnato in avventure capaci di evidenziare le sue debolezze. Ed è questo ciò che un po’ di lettori forse si aspettano: le avventure del giovane Tex devono chiaramente mostrare un personaggio leggermente diverso dalla figura rocciosa ed esperta che conosciamo.

Non vediamo l’ora di trovarci nel mezzo di una storia capace di mettere veramente in crisi il giovane Tex, di farlo vacillare, di mostrare tutta la sua inesperienza e umanità pura. Sappiamo che il curatore Boselli porta avanti una tradizione settantennale che offre alle storie di Aquila della Notte poche oscillazioni, ma se la SBE ha da pochissimo tempo inaugurato una etichetta intitolate “Audace”, ci aspettiamo che la nuova testata di Tex Willer possa presto mostrare qualche grande segno di audacia.

E se nei primi albi di Tex Willer l’autore Boselli si era affiancato al tocco fresco di De Angelis, in questo nuovo filone narrativo i disegni sono curati da Bruno Brindisi, un maestro di grande esperienza. Il tratto sfumato di Brindisi si adatta benissimo agli scenari western, e riesce a delineare un Tex dai lineamenti giovani e freschi, ma dotato di un corpo pronto a slanciarsi, facendo immaginare il Tex maturo che tutti già conosciamo.

Insomma, le avventure del giovane Tex continuano, e l’imprevedibilità è l’elemento in più che il lettore si potrebbe aspettare di trovare da un momento all’altro in una testata “giovane” e “audace”.

Tex Willer 6 – Coyoteros! | Recensione è di MangaForever.net


Darwin Prima Parte – Historica Biografie Vol. 24 | Recensione

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Ci sono alcuni libri che per una serie di ragioni provocano controversie e discussioni e rappresentano un momento cruciale della storia del pensiero umano. Questo è senz’altro vero per L’Origine delle Specie di Charles Darwin. Alla sua uscita, suscitò uno scandalo senza precedenti poiché la teoria dell’evoluzione spiegata dal suo autore metteva in discussione la tradizione cristiana. Ancora oggi, se è per questo, molte confessioni religiose ne negano il valore scientifico, a riprova del fatto di quanto siano state sconvolgenti le affermazioni di Darwin.

Questo volume di Historica Biografie propone la prima parte di un fumetto incentrato proprio sulla figura del celebre scienziato e forse molti lettori avranno una sorpresa. A differenza di ciò che si può pensare, infatti, Darwin non era cresciuto in un ambiente anti-clericale, lui stesso era credente e ansioso di prendere i voti. La sua storia viene raccontata da Christian Clot che non è un semplice sceneggiatore di area bd ma un esploratore che guida da oltre vent’anni spedizioni scientifiche negli ambienti più pericolosi del mondo, nonché vicepresidente della Società degli esploratori francesi.

Si dimostra, comunque, perfettamente a suo agio nell’ambito della narrazione fumettistica e delinea con profondità e rigore il ritratto di un individuo non comune come Darwin. All’inizio della vicenda, lo incontriamo nel ruolo di ragazzo laureatosi da poco. Durante il suo percorso universitario, a dire il vero, non ha dimostrato di possedere grandi doti ma non è privo di curiosità in ambito scientifico. Proprio tale curiosità lo spinge a organizzare una missione a Tenerife insieme a un amico. Tuttavia, la morte di quest’ultimo, e l’ostilità di suo padre, lo costringono a modificare i suoi programmi.

Un suo ex professore, consapevole della grande intelligenza di Charles, lo contatta, proponendogli di imbarcarsi come naturalista a bordo della HMS Beagle, una nave che esplorerà varie zone del mondo. Dopo un’iniziale ostilità da parte del padre, Darwin riesce a imbarcarsi e da quel momento la sua vita cambierà per sempre. Fondamentalmente, muterà anche quella dell’intero genere umano, considerando che sarà proprio nel corso di questo viaggio che Darwin incomincerà a sviluppare le sue idee che saranno poi la base della teoria dell’evoluzione.

Clot concepisce una trama coinvolgente, scrivendo testi a volte troppo densi e verbosi che hanno il difetto di rallentare il ritmo della narrazione. La delineazione psicologica di Darwin è comunque impeccabile e l’autore evidenzia la spietatezza della natura che si basa sulla legge del più forte. Questo dettaglio è ciò che spingerà Darwin a riflettere sull’esistenza e a mettere in discussione la visione del cristianesimo. Emerge poi il tema della schiavitù, nella sezione della storia ambientata in America, che indignerà Darwin e dà l’occasione a Clot di denunciare la vergogna delle discriminazioni razziali.

Nel complesso, la sceneggiatura è valida, malgrado, lo ripeto, ci sia spesso un eccesso di verbosità. I disegni sono del bravo Fabio Bono che ha uno stile naturalistico per ciò che concerne gli sfondi, le ambientazioni, le divise e in generale l’atmosfera d’epoca, ma propone figure impreziosite da lievi elementi quasi cartoon, molto piacevoli, senza però scadere nel grottesco e nel caricaturale. Il risultato è intrigante. Bono alterna inquadrature minuscole, spesso incentrate sulle espressioni facciali dei personaggi, ad altre di dimensioni più spaziose, ricchissime di particolari.

Vanno, infine, segnalati i colori tenui e impalpabili di Dimitri Fogolin che contribuiscono a rendere ulteriormente preziose le matite di Bono. Insomma, questo primo capitolo di Darwin è interessante e potrà piacere ai cultori del fumetto d’autore.

Darwin Prima Parte – Historica Biografie Vol. 24 | Recensione è di MangaForever.net

Space Opera Vol. 1 – Mondo California di Jacopo Paliaga & Eleonora Bruni | Recensione

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Panini Comics continua a puntare sulla produzione nostrana con rinnovato interesse e si accaparra i servigi di uno dei nomi di punta sul suolo italiano quando si parla di sceneggiatura ovvero quel Jacopo Paliaga già autore e co-creatore dell’ottimo Aqualung e fondatore dell’etichetta dedicata ai webcomic Wilder, qui coadiuvato per l’occasione ai disegni da Eleonora Bruni già colorista per Boom! Studios.

In Space Opera un asteroide era in rotta di collisione con la Terra, per questo motivo un gruppo di scienziati è riuscito a teletrasportare il nostro pianeta in un luogo più tranquillo della galassia ma questa operazione ha avuto due conseguenze. La prima è che il nucleo della Terra è diventato instabile rendendola un palla di fuoco inabitabile e i suoi abitanti sono stati trasferiti su sette pianeti artificiali. La seconda è che alcune persone, a seguito del teletrasporto, hanno manifestato abilità straordinarie a cause del mancato allineamento corretto delle molecole definite Anomalie.

In questo scenario facciamo la conoscenza di Charlie, 19 anni appena diplomatosi. Introverso e insicuro, Charlie ha avuto un incidente che farebbe pensare ad un anomalia ma fortunatamente Mondo California è così tranquillo che non ha mai più avuto altri “episodi”.

Quando il Governatore di Mondo California viene assassinato si innesca una crisi diplomatica fra i sette mondi che coinvolge una misteriosa organizzazione terroristica e l’irrequieto Lord Icebreaker – signore del pianeta Antartide – il quale punta diritto a Charlie.

Il ragazzo infatti dovrebbe possedere una Anomalia Ancestrale, tuttavia Lord Icebreaker non è il solo a voler mettere le mani sul ragazzo che si ritroverà così al centro di una cospirazione apocalittica di portata cosmica e troverà alcuni inusuali alleati nella cyborg Jupiter, la ragazza invisibile Sadie e il rissoso Killer.

Pur per motivi differenti i loro destini sembrano incrociati e per far luce su quanto sta accadendo dovranno far tappa sul pianeta Anubi ma l’unico modo per accedervi è morire…

In un mercato sempre in bilico fra nostalgia e ricerca spasmodica di nuovi, e giovani, lettori, Space Opera si posiziona deciso a metà strada prendendo il meglio dei due mondi – perdonate il gioco di parole.

Lo stile di Jacopo Paliaga è ormai riconoscibile ed efficace. L’autore triestino ha il grande merito di saper costruire mondi con una facilità pazzesca e quello creato per Space Opera non fa eccezione con le sue molteplici sfaccettature e ramificazioni che verranno sicuramente espletate, e sfruttate, sicuramente nei prossimi volumi.

A questo poi si aggiungono il protagonista, Charlie, e i suoi quattro compagni di viaggio. Charlie, Jupiter, Killer e Sadie sono personaggio sì archetipici ma anche in cui è altrettanto facile immedesimarsi – soprattutto per un lettore più giovane e avvezzo allo shonen manga.

A tal proposito Paliaga non cerca certo di nascondere le sue influenze anzi le “ostenta” con una invidiabile sicurezza: c’è una spruzzata di Jonathan Hickman e del suo East of West ma anche il già citato shonen – My Hero Academia giusto per citare uno dei franchise più caldi del momento – il tutto condito in salsa prettamente fantascientifica e con una immediatezza tipicamente teen e pop.

Immediato e fresco è anche il tratto di Eleonora Bruni che mutua proprio dalla scuola nipponica il character design, anatomie e espressioni facciali con personaggi scattanti e scene d’azione “wide-screen” mentre l’impostazione della tavola è ordinata e tipicamente occidentale dallo story-telling chiaro e diretto. Da segnalare anche la sua ottima prova ai colori con una palette brillantissima che dona un tocca “animato” alle tavole.

Space Opera Vol. 1 – Mondo California è un inizio intrigante strutturato in maniera estremamente intelligente e coinvolgente. Consigliato a chi mastica shonen, ai lettori di comics più sbarazzini e meno classici.

Ineccepibile la cura editoriale del volume cartonato confezionato da Panini Comics. Non sono presenti extra se non quelli in prosa pensati dagli stessi autori.

Space Opera Vol. 1 – Mondo California di Jacopo Paliaga & Eleonora Bruni | Recensione è di MangaForever.net

Tex – La Cella della Morte | Recensione

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Torna un grande classico della storia editoriale di Tex. La Cella della Morte raccoglie un ciclo narrativo uscito nelle edicole nel 1972. Tutta la raffinatezza e passione letteraria del grande Gianluigi Bonelli viene espressa in questa storia in cui Tex verrà imprigionato, picchiato e maltrattato come mai è accaduto prima.

Tex e i suoi pards sono ospiti della locanda Silver Star. Proprio in questo luogo verrà consumato un piano per intrappolare Aquila della Notte, ordito dalla giovane Myra Solano. Tex verrà accusato di omicidio e condannato a scontare vent’anni di reclusione all’interno del carcere di Vicksburg. Ma Tiger Jack, Kit Carson e Kit Willer faranno il possibile per supportare Aquila della Notte, e per scagionarlo da un’ignobile accusa. Nel frattempo qualcuno trama per l’uccisione di Tex, e le sue ore sembrano contate.

La Cella della Morte è una sorta di Conte di Montecristo in versione Texiana. Gianluigi Bonelli, da fine narratore e abilissimo sceneggiatore, riesce a sviluppare una narrazione piuttosto fitta, che, mai come in questa occasione renderà i pards di Tex centrali e di rilievo per supportare e letteralmente salvare la vita ad Aquila della Notte. Certo, i lettori di oggi potranno trovare le vignette un po’ sovrabbondanti di dialoghi, ma i ritmi della narrazione risultano essere tutt’ora piuttosto incalzanti.

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L’evoluzione e la consacrazione di Tex passa anche da questa storia, e da uno snodo narrativo che esalterà più che mai le caratteristiche del ranger di casa Bonelli. Infatti, all’interno del carcere di Vicksburg Tex verrà continuamente picchiato e ridotto in condizioni sempre più difficili. Ma la capacità di resistere al male ed ai torti subiti metterà in evidenza un personaggio dotato di una forza mentale e fisica fuori dal normale.

Gianluigi Bonelli sviluppa un filone narrativo che si dipana sotto più punti di vista, e che riesce a rendere centrali molti dei personaggi della storia. Al centro de La cella della Morte c’è ancora una volta la brama di potere, elevato all’ennesima potenza.

Questa storia è un racconto di condanna, resistenza e redenzione, che offre anche l’ennesimo interessante punto di vista su come la brama di potere possa passare sopra tutto e tutti, senza escludere il versamento di tanto sangue innocente. Perché il messaggio di Tex tramandato da Gianluigi Bonelli è sempre stato quello di resistere e combattere i soprusi, ed alla fine, nonostante le avventure texiane siano ambientate negli Stati Uniti dell’Ottocento, si tratta di un concetto universale, e nel quale anche i contemporanei possono rispecchiarsi. E forse questo è un altro grande motivo della longevità editoriale di Aquila della Notte.

Ai disegni Erio Nicolò mischia un tratto più classico d’ispirazione Raymondiana (storico disegnatore di Flash Gordon), con un tratteggio delle forme massiccio, differenziandosi rispetto al maestro Galeppini, e creando una via di mezzo tra il passato e lo stile di Tex che verrà consolidato da Claudio Villa.

La Sergio Bonelli Editore forse non a caso ha deciso di pubblicare in versione raccolta questo importante ciclo narrativo. A meno di un anno dalla celebrazione dei settant’anni di Tex, La Cella della Morte rappresenta un simbolo di ciò che Aquila della Notte è stato, è tutt’ora, e sarà per sempre: un essere umano con capacità e valori che travalicano i comuni mortali. Perché Tex è il nostro supereroe.

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The Wizard Hat – Another Rust Kingdom Tale di Spugna | Recensione

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A poco meno di un anno di distanza dal precedente Gnomicide – A Rust Kingdom Tale – la nostra recensione QUIil vulcanico Spugna rimette mani a quel calderone di idee che è The Rust Kingdom per un secondo spin-off intitolato The Wizard Hat – Another Rust Kingdom Tale.

Un eremita/esploratore è attirato da alcuni misteriosi “segnali”. Il suo peregrinare è scandito dal passaggio in luoghi inospitali e una lotta per la sopravvivenza contro creature fameliche.

Quando i misteriosi “segnali” lo condurranno ad una altrettanto misteriosa piramide, per l’esploratore l’oggetto della sua ricerca sarà palese e a portata di mano: un cappello.

Senza perdersi in convenevoli, il cappello viene subito indossato catapultando il protagonista a contatto con una entità capace di mostrargli il passato, il presente e forse il futuro. Battaglie, distruzione e genesi dello stesso cappello si intrecciano fino a quando si ritorna bruscamente alla realtà dove il cappello/entità prende pieno possesso del suo ospite in maniera brutale ed è quindi nuovamente libero di affacciarsi nel mondo animato solo da un sinistro presagio: “Ora, ora so… ora so cosa devo fare…”

C’è qualcosa di prometeico e sicuramente mistico in The Wizard Hat – Another Rust Kingdom Tale ma anche qualcosa di estremamente disturbante.

Ancora una volta Spugna utilizzata la tecnica del libro “muto” – fatta eccezione per le uniche due battute finali – come chiave di lettura stilistica di questo breve ma come sempre incisivo nuovo tassello in quel calderone che è Rust Kingdom.

Se nell’opera principale convergeva tutto l’amore per il manga e per il fumetto d’azione in generale e nel primo spin-off riaffiorava invece una certa componente horror, in questo secondo spin-off l’attenzione converge tutta su un elemento in cui l’autore ripone il nucleo tematico stesso del libro.

Spugna ancora una volta si libera dall’incombenza della parola per narrare fortissimo per immagini riprendendo, e rielaborando ovviamente con il suo inconfondibile stile, la lezione di un certo fumetto anni ’70 di scuola francese, psichedelico e rarefatto.

Strumento scelto per questo interessante “esperimento” è la bicromia in cui il bianco e nero si scontro con il rosa fluo che fa da elemento conduttore nelle prime pagine per poi esplodere in quelle centrali e finali.

Non è una scelta casuale quella di Spugna anzi è sottesa all’elemento del cappello e dell’entità che lo governa che diventa senziente e dominante. L’autore sembra quasi volersi domandare cosa sia la conoscenza.

Una brama fortissima, una bestia incontrollabile, un sacrificio a cui è impossibile sfuggire, qualcosa che tocca nel profondo e lascia segni evidenti.

Ecco che il malcapitato protagonista fa esperienza di passato, presente e futuro in visioni che sono allegoria della conoscenza stessa intesa come forza imperscrutabile che trova compimento nella pagina finale in cui sempre il protagonista non è solo trasformato fisicamente ma la cui missione assume connotati altrettanto imperscrutabili.

Spugna sembra voler mandare questo messaggio quindi: la conoscenza è un percorso faticoso, di trasformazione e non senza conseguenze.

In un epoca di scarsa conoscenza – nell’accezione più ampia del termine – il messaggio è forte ma anche inquietante perché ribadisce come siano davvero “pochi” coloro che posso/vogliono conoscere.

Dal punto di vista grafico, oltre al già citato uso della bicromia, Spugna declina il suo tipico tratto in favore di una costruzione della tavola più orizzontale che verticale in ampi riquadri che rispecchiamo quel gusto settantiano citato poco sopra.

L’edizione Hollow Press è il classico e solidissimo brossurato agile e ben confezionato privo di qualsiasi orpello.

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La Dottrina: crimine di riflessione | Recensione

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Dopo un meticoloso lavoro di cura editoriale svolto insieme a Feltrinelli Comics, Alessandro Bilotta (autore dell’ultima grande avventura di Mercurio Loi uscita poche settimane fa) e Carmine Di Giandomenico (reduce dalla collaborazione con DC Comics su Flash Rinascita e, quest’anno, presente in fumetteria con Oudeis, edito da saldaPress) ripropongono al grande pubblico, per la prima volta integralmente, una storia ancora piena, a distanza di sedici anni dalla prima uscita per Magic Press, di interrogativi da porre.

In un mondo pienamente indottrinato dove nulla è come sembra, siete pronti a commettere crimine di riflessione?

UNA VITA SCANDITA

Il plot de La Dottrina sembrerebbe, a primo impatto, ricalcare le migliori (peggiori) situazioni distopiche proposte già, in forma diversa, da celebri romanzi come 1984 di George Orwell e Fahrenjeit 451 di Ray Bradbury: in un mondo in cui gli anni vengono scanditi dalla festa per celebrare l’ascesa del Nocchiere, la grande entità mente del grande regime, la popolazione vive un’esistenza non umana, controllata da rigidi divieti che impongono cosa fare in ogni momento della giornata, senza nessuna possibilità di uscita da una routine diabolica orchestrata dal regime.

Mentre tutto scorre, sotto il violento e rigido controllo dei Professori, attui a mantenere l’ordine, il lettore ha modo nello specifico di seguire le vicende di vari personaggi: il cittadino Zeccaria, pauroso impiegato che soffre di manie di persecuzioni capace di scoprire una grande verità; una coppia di amanti che tentano di vivere il loro amore nelle dure giornate imposte dal Nocchiere; due ragazzi, cacciati dalla scuola e mandati ad un centro rieducativo e un artista, impegnato con la preparazione di alcune opere d’arte da esporre per le celebrazioni della Solennità, festa celebrativa del Nocchiere. Mischiando passato e presente, la trama si troverà a presentare al lettore La Smorfia, un misterioso uomo mascherato (ma forse più “umano” degli altri) che cerca di risvegliare la popolazione, richiamando un tentativo di ribellione già sedato in passato.

SEQUENZE DI VITA

La Dottrina, come si intuisce già dalle prime pagine di lettura, non è un graphic novel come gli altri e i sapienti Bilotta e Di Giandomenico, per questo, hanno messo in preventivo la parziale confusione che il lettore può incontrare leggendo il fumetto: se vi aspettate una trama lineare e lineari azioni di causa-effetto, avete sbagliato opera. La Dottrina è un grande puzzle (o una grande sequenza di incastri, vista la centralità dei numeri già visibili all’interno della scena sin da subito e la presenza di un personaggio chiamato “smorfia”, con chiaro rimando all’interpretare i numeri simbolicamente) fatto di piccoli significati e rimandi, che invita il lettore a comporli non tanto per ottenere un disegno ultimo risolutore, quanto per invitare tutti a porsi le giuste domande: intento a cui, il disegno metafisico e a tratti psichedelico di Di Giandomenico, sulla scia dello stile di De Chirico (e a tratti anche su quella delle sue tonalità) dà perfettamente espressione visiva.

Il richiamo all’attenzione costante d’altronde è centrale sin dall’introduzione scritta da Bilotta, in pieno stile Futurista, così come nella struttura dell’opera (che intervalla i capitoli da scritti avanguardistici della prima metà del ‘900 e la “terapia Perelà”, sorta di manuale educativo in stile ventennio che offre, anche se a primo impatto non sembrerebbe, ulteriori prospettive per analizzare le vicende) e nella presenza di meta-fumettismo.

Insieme ai lettori e ai personaggi gli autori, quasi in prima persona (in un determinato punto cruciale dell’opera, non facciamo fatica a riconoscere la figura di Carmine Di Giandomenico) riflettono sul fine del genere fumetto stesso, aggiungendo esplicitamente altre domande oltre a quelle proposte con la narrazione (che non risparmia comunque colpi di scena, per non mettere da parte l’azione scenica in un’opera tranquillamente definibile filosofica): il senso dell’umanità, la libertà di pensiero, la centralità dell’amore e dell’immaginazione, il sesso e l’affetto, sono tematiche che confluiscono tutte nel più grande interrogativo proposto, ovvero fino a dove e come l’uomo debba interrogarsi su se stesso e su ciò che lo circonda.

Per godere pienamente dell’opera, gli autori ci spingono ad essere “umani” e a porci delle domande, e con esse seguire gli intricati intrecci: presentandoci un mondo distopico dove immaginare è crimine, dove pensare è crimine, dove amare è crimine, gli autori ci obbligano narrativamente, visivamente e strutturalmente a riflettere facendoci commettere, per buona pace di sua eminenza il grande Nocchiere, crimine di riflessione.

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Ribelli Vol. 3 – Historica 77 | Recensione

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La collana Historica di Mondadori Comics di solito propone materiale di area bd ma non disdegna di pubblicare fumetti di diversa provenienza, sempre, comunque, caratterizzati da ambientazioni storiche. Rebels rientra nel discorso. Si tratta di una serie della Dark Horse scritta da Brian Wood, l’acclamato sceneggiatore di DMZ, Northlanders e altre opere apprezzate dai fan dei comics a stelle e strisce.

Il comic-book è incentrato sulla guerra di indipendenza americana e strutturato in cicli narrativi con protagonisti diversi, tutti impegnati nel conflitto che porterà alla nascita degli Stati Uniti d’America. Anche se non mancano i personaggi storici, Wood in genere si concentra sugli uomini comuni, gli individui che hanno davvero giocato un ruolo cruciale nella guerra per poi essere ignorati. In pratica, gli attori e le vittime di eventi spesso più grandi di loro.

In questo terzo volume di Rebels, tuttavia, Wood propone storie autoconclusive che si inseriscono, in ogni caso, nel contesto narrativo finora delineato. E questi episodi presentano parecchi spunti di riflessione. Il libro si apre con la vicenda drammatica di una donna, Sarah, moglie di un sergente dell’esercito del generale Washington. Ciò dà a Wood l’opportunità di evidenziare il ruolo delle donne nel contesto bellico che non è stato certo di poco conto. Sarah, almeno in principio, si è impegnata nelle consuete mansioni femminili ma le circostanze la costringono a occuparsi della ricarica dei cannoni. Si dimostra abile ma alla fine della guerra il governo non le riconoscerà alcun merito.

In questo modo Wood denuncia l’atteggiamento patriarcale e discriminatorio di una nazione che nega il valore delle donne. Wood scrive testi e dialoghi intensi e si avvale dell’estro grafico di Matthew Woodson che concepisce tavole impreziosite da uno stile fluido, elegante e pulito, ricco di dettagli. Si procede poi con la vicenda di una meticcia, Silence, che finisce nei guai per colpa del suo sostegno alla causa rivoluzionaria.

Silence è istruita, coraggiosa, capace di creare volantini e manifesti di grande efficacia comunicativa e di gestire da sola una tipografia. Perciò è considerata un’aliena dalla società razzista dell’epoca e anche in questo caso Wood ne approfitta per analizzare il ruolo subalterno della donna in un paese che si definisce democratico e il problema delle discriminazioni razziali. Il tratto sporco, graffiante, contrassegnato da preziosi chiaroscuri di Ariela Kristantina valorizza lo script, rendendolo incisivo.

Wood ci narra pure la storia di Clayton, combattente afroamericano che però si dimostrerà inaffidabile e infido, essendo una spia al servizio di Re Giorgio. L’autore si dimostra originale, allontanandosi dal cliché che presenta il ‘povero nero’ in una luce sempre positiva. La tragedia della guerra non risparmia nessuno e tira spesso fuori il peggio delle persone, indipendentemente dal colore della pelle. Questo è l’amaro messaggio di Wood, espresso in un’avventura illustrata dal bravissimo penciler regolare di Rebels, l’ottimo Andrea Mutti che propone il suo consueto stile elegante e dinamico.

Mutti disegna inoltre il capitolo riguardante un giovane indiano. In tale contesto, Wood si occupa del contrasto tra americani e pellerossa e anche stavolta si occupa del razzismo e delle discriminazioni, con profondità e maturità. Il volume si chiude con la drammatica storia di un ex galeotto britannico costretto a combattere una guerra in cui non crede. Wood affronta, quindi, il dramma dei soldati coatti, un dettaglio che la storia ufficiale e propagandistica sovente ha cercato di ignorare. I disegni sono dell’efficace Tristan Jones, penciler dal tratto volutamente grezzo ma espressivo.

Per concludere, si può dire che pure questo terzo capitolo di Rebels è da tenere d’occhio e ha il merito di proporre storie di indiscutibile qualità testuale e visiva. Da provare.

Ribelli Vol. 3 – Historica 77 | Recensione è di MangaForever.net

La Grande Guerra – La Battaglia di Verdun – Historica 78 | Recensione

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In più di una occasione la collana Historica di Mondadori Comics ha proposto fumetti che potrebbero essere classificati nel genere della war story. Molte di queste produzioni si sono occupate di eventi riguardanti il primo e il secondo conflitto mondiale e il presente volume rientra pienamente nel discorso. Include la miniserie Verdun che, come è facile intuire dal titolo, si concentra su uno dei più tragici e sanguinari eventi della storia francese ed europea.

A scriverla è Jean-Yves Le Naour, uno storico esperto della prima guerra mondiale che ha scelto il fumetto per descrivere le circostanze che hanno portato a uno spaventoso massacro. Si sofferma, tuttavia, anche sulle conseguenze che la battaglia di Verdun ha avuto nell’ambito della politica francese. Del resto, l’opera è una condanna della guerra ma pure dell’ipocrisia e della mediocrità dei politici.

Questi ultimi, in effetti, non fanno una bella figura e, se è per questo, nemmeno i generali. I primi, in fondo, si preoccupano solo di mantenere le loro posizioni di prestigio e i secondi sono spesso inconsapevoli del disagio dei soldati semplici. Costoro sono poi le vere vittime della guerra e, nello specifico, della brutalità dell’esercito tedesco. Si tratta di uomini che, loro malgrado, sono costretti ad abbandonare gli affetti per combattere e, nella maggior parte dei casi, morire.

Lo spettro opprimente della morte prevale in tutta la story-line e Le Naour analizza, con rigore e intensità, un universo desolato di distruzione, senza evitare di presentare la terrificante carneficina che sconvolgerà l’opinione pubblica. Il terzo capitolo di Verdun è invece collocato in un periodo successivo e qui l’autore si occupa della figura di una donna coraggiosa che ha perso il marito in battaglia e che l’ipocrisia dei politici ha dipinto come un codardo per ragioni di meschino opportunismo. Si porrà, quindi, l’obiettivo di riabilitarne la memoria e di denunciare le scelte superficiali e sbagliate dei potenti che, a causa della loro incapacità, si sono resi moralmente corresponsabili della carneficina.

Verdun è un fumetto di guerra valorizzato da un perfetto equilibrio di azione e introspezione. Coloro che vorranno leggere una tipica war story non saranno delusi; ma anche i lettori che cercano spunti di riflessione saranno accontentati. L’opera è disegnata da Inaki Holgado, con i lay-out di Marko. Il penciler ha uno stile sporco e ruvido, a tratti grezzo ma naturalistico, ed è perfetto per la crudezza della trama e per la rappresentazione dell’orrore evocato da Le Naour.

Dà il meglio di sé nelle sequenze dei combattimenti, caratterizzate da giochi d’ombra inquietanti, che evocano l’inferno della guerra. In certi momenti, le figure umane sembrano poco rifinite, a differenza degli sfondi, delle costruzioni d’epoca, degli interni delle case e dei campi di battaglia insanguinati, ma è un dettaglio che non compromette la qualità complessiva del lavoro.

Anche in questa occasione, quindi, Mondadori propone un’opera pregevole che di certo piacerà ai fan delle storie di guerra e dei fumetti di ambientazione storica. Da provare.

Mondadori Comics propone Verdun, una miniserie che narra le tragiche vicende di una delle battaglie più sanguinarie della Prima Guerra Mondiale. Jean-Yves Le Naour descrive con rigore gli eventi, denunciando nello stesso tempo l’inadeguatezza dei vertici militari e l’ipocrisia dei politici. Il volume va preso in considerazione per la qualità dei testi e per l’efficacia dei disegni di Marko e Inaki Holgado.

La Grande Guerra – La Battaglia di Verdun – Historica 78 | Recensione è di MangaForever.net


Dampyr 230 – Le Ragazze di Mahogany Hall | Recensione

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Quando Harlan torna negli Stati Uniti c’è sempre da aspettarsi una gran bella storia. E Le Ragazze di Mahogany Hall è uno di quegli albi che attira i dampyriani e non. L’ambientazione è di quelle che già da sole intrigano: New Orleans è una città ricca di luoghi, personaggi e situazioni capaci di alimentare centinaia di pagine di racconti. E questa volta Mauro Boselli (sceneggiatore e curatore della serie) ha deciso di farci entrare nel pieno della prima era del Jazz.

Protagonista di questa storia è lo storico musicista Jelly Roll Morton, uno dei padri del Jazz, che spesso suonava nei bordelli della Louisiana, accompagnando con la sua musica prostitute e clienti. E proprio le case della prostituzione sono al centro di questo albo dampyriano: Jim Fajella sta aiutanto la sua ragazza (nonché agente di polizia) Michelle a ritrovare la sorella, scomparsa nel giro della prostituzione. Il tutto li porterà a New Orleans, dove sembra che lo storico bordello Mahogany Hall sia stato riaperto, e dove Dampyr è sulle orme del vampiro Baron Samedi. 

Era da tempo che non si leggeva un Dampyr così noir. Harlan Draka si ritrova calato in una storia con al centro crimini, prostitute e indagini, il cocktail ideale per un hardboiled all’altezza della  tradizione. L’aspetto particolare di Le Ragazze di Mahogany Hall è che Harlan in questo albo funge da personaggio fortemente dipendente da Eisheth Zenumium, la tenutaria del bordello di New Orleans. Sarà lei a chiedergli di uccidere il vampiro che minaccia la sua attività, incrociando il percorso di Dampyr con quello di Michelle e Jim Fajella.

L’Harlan Draka che si legge in questo albo è molto dylandoghiano (mai come in queste pagine sarà impegnato in scene d’amplesso, una delle quali gli permetterà di compiere un viaggio metafisico nel passato). Del resto, in mezzo a bordelli e prostitute, è giusto che anche il bel Dampyr si ritrovi immischiato in faccende amorose.

Dampyr 230, Mangaforever

Dampyr 230, Mangaforever Dampyr 230, Mangaforever

Mauro Boselli gestisce bene la sceneggiatura, alternandosi fra più linee narrative che, ad un certo punto, arriveranno ad intrecciarsi. Forse alcune scene topiche potevano essere sviluppate in maniera più efficace, ma Le Ragazze di Mahogany Hall è un fumetto che vive soprattutto di atmosfere.

Infatti, le scene che suscitano maggiore effetto sono quelle in cui i protagonisti sono le prostitute di New Orleans, ed il fantastico Jelly Roll Morton, rappresentato in una versione dampyriana veramente suggestiva. 

All’altezza del compito si è dimostrato Nicola Genzianella, disegnatore esperto e adattissimo per le storie d’atmosfera. Il suo tocco fatto di tratteggi e di grande realismo unito all’ambientazione statunitense rievoca il tratto di R.M. Guéra, disegnatore della celebre serie Scalped, scritta da Jason Aaron.

Questo nuovo albo di Dampyr mantiene le promesse. Così come racconta il testo della popolare canzone The House of Rising Sun, il lettore nel corso delle pagine si sente sempre più attirato da quella casa di appuntamenti di New Orleans. L’atmosfera fatta di fumo, sesso e jazz si respira fino in fondo, ed i vampiri sono ben calati all’interno di questa dimensione.

Le Ragazze di Mahogany Hall si concluderà nel prossimo numero, ma ciò che ci ha offerto fino ad ora è quanto basta per farci sperare che quell’atmosfera duri ancora, almeno un albo in più.

Dampyr 230 – Le Ragazze di Mahogany Hall | Recensione è di MangaForever.net

Odessa 1 – Dopo la fusione | Recensione

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Colori colmi di luci, di elettricità e di atmosfere videogiocabili: tra blu, magenta e bianco accecante nasce Odessa, la nuova serie sci-fi pubblicata dalla casa editrice milanese Sergio Bonelli Editore. Nelle edicole di tutta Italia arriva una nuova storia, che nasce qui e oggi, ma si sviluppa lontana nel tempo e nello spazio.

Protagonista della serie è appunto Odessa, città realmente esistente e situata nella parte meridionale dell’Ucraina: proprio nel giorno in cui esce nelle edicole, accade un avvenimento fuori dal normale. Parallelamente alla nostra dimensione, nell’iperspazio viaggia l’astronave Serraglio 457, al bordo del quale un essere fuso con l’astronave stessa tenta di mandare un messaggio verso la flotta di Ignoti per far partire una ribellione. Purtroppo qualcosa va storto, si crea una distorsione nello spazio-tempo e l’essere si unisce a un ragazzo, che risponde al nome di Yakiv Yurakin, creando un essere a due facce e due anime distinte tra loro. Ma non è questa l’unica fusione protagonista delle prime pagine del volume: la distorsione fonde la città di Odessa con l’astronave aliena, facendo nascere in una cupola isolata dal tempo un micro-mondo, popolato da diverse razze aliene. Sarà la convivenza delle diverse razze che porterà Yakiv a difendere l’ordine di questa Nuova Odessa, insieme ad altri alieni suoi alleati.

Primo numero poco carico sotto il punto di vista narrativo. Davide Rigamonti si prende comodamente tutte le 98 pagine dell’albo per illustrare l’evento scatenante, ovvero quello che porta Odessa a diventare Nuova Odessa, e a presentare protagonisti e comprimari, mettendoli subito in azione per un evento apri-pista a una serie di eventi futuri. Con uno stile narrativo assimilabile a quello delle serie young-adult, Rigamonti presenta dettagliatamente chi è Yakiv Yurakin, usandolo come perno intorno al quale verrà spiegata la storia di Nuova Odessa. Fin da subito si intuisce che non sarà lui il protagonista, ma una sorta di voce narrante co-protagonista, che vivrà la storia stessa senza togliere il ruolo di personaggio principale alla città.

Poi arrivano i disegni di Matteo Resinanti, perfetti per il genere sci-fi. Il conglomerato urbano pulsa fuori dalle pagine, indicando a tutti i lettori che è vivo e darà filo da torcere ai personaggi che gli “vivono sopra”. Questi ultimi, definiti e dettagliati, sono perfettamente integrati con lo sfondo e al tempo stesso si distaccano da esso, quando la loro storia va ben oltre quella di Nuova Odessa. I colori vivono liquidi e pulsanti e ricordano anche un’altra serie Sergio Bonelli Editore, Creepypast, soprattutto per quanto riguarda la gamma di colori blu. Secondo le dichiarazioni del curatore Antonio Serra, i colori stessi varieranno nei prossimi numeri a seconda della tipologia di alieni che compariranno nell’albo, rendendo varia e variegata l’esperienza di lettura sci-fi.

Il panorama complessivo della nuova serie tutta a colori sta per erompere con tutta la tua forza narrativa. Dopo l’evento “traumatico” nelle prime pagine e la battaglia delle successive, siamo sicuri che nei prossimi numeri gli autori che parteciperanno alla serie faranno esplodere storie ed emozioni in un’ambientazione già di per sé ricolma di storie da raccontare. Nel frattempo, come Yakiv nella copertina, assistiamo alla nascita di Odessa, che fiera si erige sulla sorte di molti abitanti dell’universo.

Odessa 1 – Dopo la fusione | Recensione è di MangaForever.net

Il Mondo Moderno di Gipi | Recensione

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A distanza relativamente breve dal precedente Boschi Mai Visti – la nostra recensione QUICoconino Press dà alle stampe Il Mondo Moderno, seconda antologia firmata da Gipi uscita in anteprima per il Napoli COMICON dove lo stesso autore toscano è stato Magister.

Se Boschi Mai Visti raccoglieva il meglio della produzione breve di Gipi dal 1994 al 2003, in Il Mondo Moderno trova spazio invece la produzione che va dal 2003 al 2015 precedentemente apparsa su varie riviste nazionali e internazionali e mai ristampate in volume. Completano il volume due inediti assoluti intitolati Passavamo il tempo lì (2009) e No (2010).

Il Gipi che si affaccia agli inizi degli anni 2000 è già maturo e consapevole dei suoi nella misura in cui le sperimentazioni tecniche e tematiche della prima parte della sua carriera hanno lasciato il posto ad una capacità di sintesi grafica e tematica in cui si fondono l’esperienza del quotidiano, semi-biografica e della provincia, il noir e i grandi temi dell’attualità socio-politica.

Quanto detto in questa breve introduzione è testimoniata dalla prima storia del volume – Il Pugile – che Gipi ridisegna nel 2003 e in cui si rintraccia quel gusto per il noir già portante di Esterno Notte e che si ritrova poi in quella che è senza ombra di dubbio una delle migliori storie del volume, e dell’autore toscano in generale, ovvero Hanno Ritrovato la Macchina.

Con un occhio rivolto quindi sempre rivolto al quotidiano e all’introspezione – Due Funghi, Il Genio (una perla di grottesco e leggendario umorismo), Io, Te, il Demonio e La Magia Nera – Gipi inizia però anche a guardare ai grandi temi del dibattito socio-politico senza però rinunciare a quella cifra personale e umana.

Il razzismo sembra essere uno dei temi che più preoccupano l’autore pisano che lo filtra più volte attraverso lo sguardo di personaggi “comuni” come in L’Uomo con la Giacca Rossa, L’anno Nuovo, Come Sono Diventato Così, 2012 salvo poi trattarlo di petto nell’altra grande storia contenuta nel volume ovvero Dramma Marocchino in cui il dramma dell’immigrazione viene raccontato da un giovane che ripercorre le brutali tappe della sua traversata e in cui Gipi adotta uno stile lucido e razionale che lo avvicinano al graphic journalism.

Menzione d’onore meritano due storie in particolare. La sperimentale La Battaglia delle Ardenne in cui Gipi scrive una storia in compagnia di un ragazzo con problemi di disabilità mentali e in cui ci immergiamo in un processo creativo di due menti che si intrecciano in una voce particolarissima.

C’è poi la storia che dà il titolo al volume – Il Mondo Moderno – che con muta ironia descrive lo spaesamento dell’autore, ma anche di molti di noi, di fronte alle storture del mondo attuale.

I due inediti – Passavamo il tempo lì e No – incarnano invece sia l’anima più adolescenziale di Gipi, per il primo le tematiche ricordano quelle di Questa è la Stanza, che ancora una volta quella noir.

Altrettanto interessante nonché evidente è l’evoluzione grafica dell’autore il cui tratto ora è sicuro tanto da potersi permettere anche l’utilizzo di diversi registri – ora più stilizzati ora più concreti e “tradizionali” – mentre inizia quella sperimentazione sul colore che lo porterà inevitabilmente ad utilizzare con maestria la tecnica dell’acquerello di cui qui si intravedono i primi esperimenti affrancati, seppur mai del tutto, dalla lezione del maestro Mattotti.

Per quanto al suo interno vi convivano anime molto diverse eppure tutte riconducibili alla voce dell’autore, Il Mondo Moderno è una antologia ricca di spunti interessantissima compilata in maniera tale da costruire un percorso coinvolgente e mai banale. Un libro ovviamente consigliato ai fan di Gipi ma anche a coloro che per la prima volta si approcciano all’autore pisano e che magari l’hanno conosciuto per i suoi corti e che qui vi ritroveranno quella vena socio-politica e ironica ma anche sfaccettature noir e più personali.

Ottima l’edizione Coconino Press che dimostra non solo gran cura nella compilazione della antologia e in quella carto-tecnica – parliamo del classico brossurato con carta ruvida – ma inserisce anche una lunga post-fazione in cui lo stesso Gipi parla del suo personale blocco dello scrittore in maniera illuminante e ovviamente assolutamente in maniera non scontata.

Il Mondo Moderno di Gipi | Recensione è di MangaForever.net

Cani Sciolti – Stonewall di Manfredi e Casalanguida | Recensione

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Nell’Italia degli Anni Sessanta ritroviamo i sei giovani protagonisti del primo volume: Lina Mastai, figlia di pasticceri e studentessa di Lettere e Filosofia, che partecipa al movimento femminista; Margherita Bignami (per tutti Marghe), figlia di un alto dirigente di Mediobanca; Armando De Barzi (detto Deb), milanese doc ed il più coinvolto del gruppo; Turi Melluso, espulso dall’Università Cattolica per indisciplina; Milo Colombo, figlio di una ragazza madre che gestisce un negozio di dischi, e Paolo Sarti (detto Pablo), che è invece un piemontese che vive a Milano presso lo zio pittore e il ragazzo di Lina. In questo volume Milo accompagna Marghe in una vacanza negli Stati Uniti dove prenderanno parte anche ai primi scontri che vedranno nascere una comunità omosessuale consapevole della propria forza (i c.d. moti di Stonewall); mentre Pablo e Lina vanno alle nozze della sorella di lei.

Nella prima parte, Stonewall, il tema è proprio quello della rivolta del 1969 della comunità gay di New York contro i soprusi perpetrati dalla polizia nel corso degli anni; in realtà in questa prima storia la trama sembra senza troppe sorprese andare a parare proprio là e i personaggi sono in qualche modo condizionati da questa tematica, che infatti non permette a questi di esprimere i lati positivi che avevamo visto nel primo volume, dove si era iniziato ad approfondire maggiormente la loro componente psicologica e i rapporti che li legavano.

Si è dunque scelto di creare una trama che scivola verso il lato meramente storico più che verso l’ulteriore indagine dei protagonisti (cosa comunque apprezzabile, dato che i fatti sono poco conosciuti da noi); il che è un peccato, perchè il personaggio di Milo, gay non dichiarato nemmeno tra i suoi amici di lotta, avrebbe potuto essere meglio approfondito e non essere solo il pretesto per raccontare una storia più grande di lui; avrebbe potuto essere il protagonista, pur in un contesto che rimaneva storico, grazie alla sua storia d’amore, che è appena accennata in fin dei conti.

Nella seconda parte, invece, ci si sposta nel futuro di 20 anni (in effetti la prima storia non è altro che un flashback raccontato da Milo), in cui i nostri protagonisti, ora invecchiati, si ritrovano ancora una volta insieme, dopo che le loro vite hanno affrontato negli anni esperienze diverse.

In queste nuove storie del gruppo di ragazzi del Sessantotto sembra ancora più evidente il senso del distacco che l’autore esprime nei confronti di quegli anni, con una nostalgia che sa quasi di denuncia di una incompletezza della rivoluzione che quegli anni avrebbero dovuto portare a compimento. E i personaggi esprimono questo sentimento, dimostrandosi in realtà immersi nella ritualità e nelle tradizioni che la società “borghese” impone ancora loro, concedendo, se del caso, magari un abbigliamento più “casual” anche nelle cerimonie ufficiali, ma il fulcro della questione non cambia: la rivoluzione tanto decantata è stata in qualche modo assorbita, seppure con concessioni importanti; o, forse, sono stati solo i suoi protagonisti ad essere stati assorbiti dalle contingenze della vita.

I disegni di Casalanguida valorizzano la storia soprattutto nella prima parte, in cui le inquadrature cinematografiche rendono le scene ancora più dinamiche e “tumultuose”.

Chiude il volume un interessante approfondimento scritto dallo stesso Manfredi che contestualizza quanto narrato nel fumetto, dedicando la parte finale del volume ai moti di Stonewalll, agli hippie e alla richiesta di maggiore libertà sessuale dalla fine dell’800 in poi.

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Dylan Dog 392 – Il primordio | Recensione

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Come il fiore di un cactus, che sfida l’arsura e le intemperie pur di far vedere al mondo la sua forza insita nella sua bellezza, continua a sbocciare il cambiamento nella Storia dell’indagatore dell’incubo. Stavolta, nel ruolo delle tre Moire dylandogghiane, arrivano l’inossidabile Paola Barbato, il curatore Roberto Recchioni e l’epico Paolo Martinello, e filano (eccome se filano!) il filo dorato della vita del personaggio di Tiziano Sclavi, tenendo pericolosamente le cesoie vicine a esso. Nel numero del mese di maggio gli autori scomodano addirittura gli Antichi, trascinandoli via dall’universo narrativo lovecraftiano e portandoli in quello dei giorni nostri, toccando tutta la Terra e unendola sotto la bandiera sventolante dell’Old Boy.

Un pacchetto senza mittente giunge alla porta di Craven Road 7 e porta al suo interno uno strano monile, capace di alterare la realtà circostante a seconda di come viene posizionato. L’artefatto è collegato a una tribù australiana, il cui sciamano a sua volta è semplice messaggero di una grande richiesta da parte degli Antichi: metterli in salvo dalla meteora, portandoli via dalla Terra. Da qui Dylan si ritroverà vittima e burattino di forze più grandi di lui, che potrà (forse) gestire solo grazie agli altri possessori degli artefatti sparsi per il mondo.

Se nei numeri precedenti c’erano piccoli momenti che si collegavano ai quesiti sospesi inerenti alla figura di John Ghost e della Regina d’Inghilterra, ora finalmente Barbato e Recchioni fanno uscire qualcosa di più chiaro dalle melmose acque della narrazione. Si raccolgono gli elementi narrativi aperti che abbiamo lasciato in Spazio Profondo, Al servizio del caos e … E cenere ritornerai per plasmare finalmente la figura del vero villain, schierando addirittura i Grandi Antichi e rivelando cosa (o forse chi?) è la Meteora, non relegandola più a semplice masso che si dirige verso la Terra seguendo la sua rotta ma rivelando che c’è qualcosa di più, che va oltre l’umanamente immaginabile. Al di fuori del racconto autoconclusivo, Barbato e Recchioni premono l’acceleratore sulla narrazione orizzontale, incastrando molti pezzi del puzzle: a soli otto numeri dal famigerato 400, la corsa verso la fine indica che ci sono ancora molti buchi narrativi da riempire e altrettante nuovi eventi da “impiattare”.

Martinello confonde e incrocia gli occhi del lettore, facendolo perdere in atmosfere escheriane talmente colme che fanno rimpiange l’horror vacui medievali, riconducibili più recentemente a opere di Benito Jacovitti e Luciano Bottaro. È quasi impossibile prendere il respiro nella nuova Londra parallela, visibile ai custodi dei primordi. La bravura di Martinello sta nel far notare i dettagli che fanno da pilastro alla storia senza farli distaccare dal resto della composizione degli elementi nella vignetta, avviluppandosi come un tentacolo intorno alla gola di chi si appresta alla lettura.

La cover di Gigi Cavenago si spiralizza direttamente verso l’interno dell’albo, con un andamento quasi “fibonaccico”, tenendo però come centro ideale della prospettiva il busto di Dylan, sottolineando il contrasto tra un comportamento centrale e saldo con la tensione di una vita sull’orlo del baratro: ci vuole pochissimo per farsi trascinare dal vento degli eventi, come stava già per succedere nel numero 390. 

La matassa continua a sbrogliarsi: ormai la conclusione della fase di rinnovamento è vicina e si continua a vedere sempre di più la luce bianca che filtra tra le fessure di un simbolo appartenente al passato che sta per cedere.

Dylan Dog 392 – Il primordio | Recensione è di MangaForever.net

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