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Tex 703 – La Seconda Vita di Bowen | Recensione

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Torna Pasquale Ruju alla sceneggiatura e le storie di Tex s’infittiscono nuovamente di mistero. Lo scrittore, autore anche di testi su Dylan Dog, quando mette mano su Aquila della Notte e sui suoi pards riesce sempre a creare trame intriganti, intrise di crimini e situazioni oscure.

Per questo motivo l’albo La Seconda Vita di Bowen acquisisce fin da subito un’aurea sinistra, come se le giornate soleggiate di San Francisco nascondano in realtà una tragedia imminente. Ed in effetti la visita di Kit Carson e Tex a Kenneth Bowen, ex fuorilegge in cerca di redenzione, si trasforma nel giro di qualche decina di pagine in una storia di vendetta e crimini nascosti.

Protagonista sarà la giovane e bella cantante Lulah, la quale sotto il dolce sguardo nasconde un carattere rude, e, soprattutto, la voglia di ottenere vendetta per un torto commesso in passato dallo stesso Kenneth Bowen.

Come sempre accade quando si parla di storie di Tex realizzate da Pasquale Ruju, il mistero, gli intrighi ed il crimine la fanno da padrone. L’autore bonelliano è abilissimo nel far emergere poco alla volta una sottotrama che diventerà dominante, e che spingerà Aquila della Notte e Kit Carson a rimanere a San Francisco per supportare l’ex fuorilegge redento. Al centro della storia c’è anche il piccolo Tim, bambino adottato da Bowen, protagonista di una scena onirica inusuale per le storie di Tex, e molto dylandoghiana.

Sono questi i tocchi di creatività che Pasquale Ruju riesce ad aggiungere agli albi texiani, e che sono capaci di dare quello sprint in più, rendendo ancora più intriganti le storie. Inoltre Ruju riesce a dare grande ritmo al fumetto, portando il lettore a divorarsi l’albo nel giro di poco tempo. Il fatto che La Seconda Vita di Bowen sia solo la prima parte di un mini ciclo narrativo aumenta la suspense ed il desiderio di seguire l’evoluzione della storia.

Tex, Mangaforever Tex, Mangaforever Tex, Mangaforever

Ai disegni di questo albo è stato chiamato Gianluca Acciarino, il quale cerca di riprodurre un Tex simile a quello classico di Claudio Villa, dando una cerca freschezza espressiva ai personaggi.

Questo primo albo che mette al centro di un miniciclo narrativo il personaggio di Kenneth Bowen riesce a fare due cose: dà risalto allo stile narrativo di Ruju improntato sul mistery, e dà continuità ad uno degli obiettivi del curatore Mauro Boselli. Bowen, infatti, è un personaggio già incontrato nel corso della storia editoriale di Tex (in un ciclo di storie pubblicato nel 2017). Il fatto di spingere su personaggi già incontrati nelle storie passate di Aquile della Notte, sviluppandoli maggiormente, ed utilizzandoli per proporre nuovi cicli narrativi è una delle basi sulle quali si è fondata la cura editoriale di Mauro Boselli.

E c’è da dire che fino ad ora quest’obiettivo è stato perseguito in maniera intelligente, senza forzature, e dando alle storie di Tex un maggiore respiro.  Spesso abbiamo visto negli ultimi anni alcuni personaggio secondari diventare veri e propri protagonisti degli albi, con Tex messo più sullo sfondo, utilizzato magari come narratore e deus ex machina finale.

Tutto ciò è utile a dare maggiore respiro agli albi texiani, alternandone lo stile, gli umori, e le storie stesse. E La Seconda Vita di Bowen si conferma come l’ennesima storia di livello che entra a far parte di questo lungo e importante corso storico editoriale.

Tex 703 – La Seconda Vita di Bowen | Recensione è di MangaForever.net


Rebirth Vol. 1 | Recensione

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La Prankster Comics è una giovane e intraprendente casa editrice indipendente che si sta mettendo in luce con opere interessanti realizzate da abili autori italiani. Finora ha proposto fumetti di buon livello spaziando tra i generi. Uno dei lavori forse più peculiari del suo catalogo è Rebirth.

Alcuni potrebbero definirlo sci-fi, altri forse distopico, altri ancora come un buon esempio di urban fantasy. In realtà, secondo me, ci sono tutti questi elementi e la vicenda si colloca in un futuro opprimente che sembra uscito da una pellicola stile Blade Runner.

L’autore è Antonio Pantaleoni che ha avuto il merito di ideare un universo narrativo ampio e articolato, influenzato dallo stile di Chris Claremont. Rebirth, infatti, almeno a giudicare da questo primo volume, presenta numerosi personaggi e non mancano trame e sottotrame che saranno ovviamente sviluppate nelle uscite successive.

Il mondo di Rebirth non è certamente rassicurante. La terra è stata per molto tempo sconvolta da guerre e conflitti che hanno portato il genere umano quasi alla distruzione. A un certo punto, tuttavia, il buon senso sembra aver prevalso e sulla terra qualunque tipo di dissidio pare essere scomparso. Persino i libri o i film che parlano di guerra sono stati messi al bando e concetti come quello di ‘violenza’, almeno ufficialmente, non sono più ammessi.
In parole povere, si è instaurata una vera e propria utopia. La terra è gestita da due casate ma l’aggressività e la violenza sono veramente scomparse? Parrebbe di sì, ma di fatto le guerre persistono, poiché i due clan rivali intendono conservare il potere, senza farsi scrupoli sui metodi da usare.

Molti dei loro esponenti, inoltre, desiderano rovesciare la casata avversaria e ottenere così il controllo mondiale. Le guerre, quindi, esistono ancora ma sono diventate più sottili e insidiose, collegate ai complotti e alle macchinazioni degli ambienti politici (va tenuto presente che la trama di Rebirth inizia in un periodo in cui c’è una campagna elettorale).

Pantaleoni scrive e concepisce una vicenda di ampio respiro e per il momento si limita a presentare i personaggi principali della serie e a descrivere le ambientazioni, inserendo, però, parecchi elementi narrativi che saranno approfonditi episodio dopo episodio. E’ evidente il suo obiettivo di denunciare la natura corrotta del potere, utilizzando la fantascienza. Da questo punto di vista, almeno a giudicare dal volume d’esordio, svolge un buon lavoro e scrive testi e dialoghi secchi e sintetici, hard-boiled nell’impostazione, decisamente efficaci.

Rebirth va tenuto d’occhio anche per i disegni di Lorenzo Nicoletti. Il suo stile è piacevolmente grezzo, aggressivo, perfetto per una story-line a forti tinte come questa. Si percepisce l’influenza dei penciler di area sudamericana come il grande José Munoz.

Rappresenta le futuristiche architetture del mondo di Rebirth con maestria e risulta convincente nei primi piani. In questo caso, le inquadrature gli consentono di visualizzare le emozioni violente e contorte che tormentano individui dalle pulsioni deviate e discutibili.
Nicoletti si è occupato pure dei colori e opta per sfumature cupe e oscure che contribuiscono a rendere più preziose le sue matite. A volte si notano tonalità vivide, con una prevalenza del rosso acceso, di solito riguardanti sequenze erotiche, che evidenziano la fisicità e la passione delle protagoniste femminili. Da segnalare, infine, la sequenza di un flashback vissuto da uno dei personaggi. Qui Nicoletti utilizza inchiostri densi e i disegni rivelano un’attitudine pittorica.

Tutto ciò fa di Rebirth una lettura imprevedibile, perché valorizzata da una molteplicità di influenze e suggestioni. In definitiva, la serie promette bene e non ha nulla da invidiare a tanti blasonati prodotti Marvel, DC o Image. Da tenere d’occhio.

Rebirth Vol. 1 | Recensione è di MangaForever.net

Dèmoni – Il Regno delle Tenebre | Recensione

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La Rustblade Records, in occasione della riproposta della celebre colonna sonora del film Dèmoni di Lamberto Bava, pubblica un albo a fumetti che omaggio la pellicola. Andrea Gallo Lassere scrive una storia horror e sanguinolenta, caratterizzata da atmosfere oniriche, che rispetta lo spirito dell’opera originale. L’albo va tenuto in considerazione anche per gli splendidi disegni della bravissima Simona Simone.

L’Italia ha avuto un ruolo importante per ciò che riguarda il cinema horror.

E’ scontato citare Dario Argento, uno dei pochi registi nostrani che può vantare una fama internazionale. Tuttavia, il celebrato autore di Suspiria e altri capolavori non è stato l’unico a dedicarsi a questo genere specifico. Prima di lui, per esempio, si erano messi in luce maestri del calibro di Riccardo Freda, Lucio Fulci e Mario Bava. Il figlio di quest’ultimo, Lamberto, si fece conoscere con Dèmoni, pellicola che presto divenne di culto.

Il film, prodotto da Dario Argento, ottenne grande successo, sia per le atmosfere macabre e sanguinolente, non prive di suggestioni visionarie e oniriche, sia per l’azzeccata colonna sonora, e ci fu pure un sequel. La Rustblade Records ha quindi deciso di renderle omaggio riproponendola in una nuova edizione, corredata da un fumetto e da un poster. Il fumetto in questione è firmato da Andrea Gallo Lassere e fa parte della collana antologica Rustblade Comics.

Come è facile intuire, il fumetto ha a che fare con le ambientazioni e le tematiche del fllm. La trama, però, si colloca a dieci anni di distanza dalle vicende a suo tempo immaginate da Bava. Bisogna dire che lo sceneggiatore ha pienamente rispettato le caratteristiche del modello originale e la storia da lui narrata non è priva di efferatezze, filtrate, però, da una sensibilità immaginativa legata al sogno e alla fantasticheria.

In effetti, il termine ‘incubo’, presente nella sceneggiatura, è la chiave di comprensione della vicenda. La protagonista è Ingrid Haller, scrittrice che ha fatto fortuna con libri riguardanti demoni ed entità malvagie. Dopo aver presentato una delle sue ultime pubblicazioni, si reca in metropolitana e qui le cose diventeranno spaventose. Andrea Gallo Lassere delinea una story-line coinvolgente, caratterizzata da un ottimo ritmo narrativo, giocando sul labile confine tra realtà e fantasia, fino a collocarla nel contesto di una dimensione allucinante che pare uscita da un racconto di Lovecraft.

Sangue, esseri mostruosi, tensione allo stato puro e situazioni destabilizzanti alla David Lynch. Sono gli elementi che fanno di Dèmoni una lettura coinvolgente, impreziosita da testi e dialoghi efficaci. L’albo, tuttavia, va preso in considerazione anche per gli splendidi disegni della bravissima Simona Simone. Il suo stile è naturalistico, dettagliato ed elegante, contrassegnato da raffinata plasticità e da un dinamismo evidente soprattutto nelle sequenze più violente e movimentate.

Ogni personaggio è ben caratterizzato e l’artista dà il meglio di sé con quelli femminili, dotati di torbida sensualità, e con gli intimidenti e orripilanti demoni che tormentano i protagonisti.
Per giunta, i disegni sono resi ancora più suggestivi da splendidi giochi d’ombra, perfetti per l’allure sepolcrale della trama. L’albo, inoltre, include una bella illustrazione a colori di Lola Airaghi che molti certamente conoscono per diversi suoi lavori bonelliani.

In definitiva, Dèmoni è un’operazione valida e interessante che piacerà ai fan di uno dei film più amati e celebrati di sempre e agli estimatori dell’horror. Da provare.

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Cthulhu – L’Abisso della Ragione di G.A. Gualtieri, M. Nucci e V. Befani | Recensione

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Come la goccia che scava la roccia, paziente ma inesorabile, Editoriale Cosmo continua a riproporre grandi classici del fumetto italiano in una veste abbordabile ai più ma anche a produrre nuovi fumetti tutti rigorosamente Made in Italy facendo affacciare sul palcoscenico che conta nuovi e giovani autori basti pensare all’ottima Caput Mundi e Caput Mundi: Nero o alla collana Un Eroe Una Battaglia.

Con questo stesso spirito arriva in edicola e in fumetteria Cthulhu – L’Abisso della Ragione storia autoconclusiva in cui si celebra uno degli autori che maggiormente ha influenzato l’immaginario della cultura pop, e in particolare di quello horrorifico, ovvero H.P. Lovercraft.

All’interno del Manicomio di Innsmouth sinistri rumori e oscure presenze anticipano misteriose sparizioni. Per questo motivo il direttore dell’istituto e i pochi dipendenti rimasti decidono di fare una colletta e ingaggiare l’investigatore privato Arthur Gilman, un tempo molto noto ma ora perso nei meandri dell’alcolismo.

Gilman inizialmente è restio ad accettare l’incarico anche perché ad Innsmouth è internato l’uomo che ha ucciso la sua fidanzata ma quando il direttore gli conferma che l’uomo si è impiccato, Gilman accetta anche convito dalla cospicua somma di denaro offertagli.

Giunto nella tenebrosa magione, Gilman deve presto scacciare il suo scetticismo quando in prima persona fa esperienza della lugubre atmosfere. La sparizione di un altro componente dello staff fa scattare una indagine che porta alla risoluzione del mistero.

Gilman è stato vittima di un terribile “gioco” ma proprio quando tutto sembra finito dopo aver affrontato anche i propri demoni, il detective scopre che nei meandri dell’Innsmouth i pazienti sono il minore dei mali… qualcuno vuole risvegliare qualcosa, qualcosa di maligno e primordiale.

Cthulhu – L’Abisso della Ragione rende omaggio nel miglior modo possibile alla tradizione lovercraftiana con una storia il cui vero orrore non è tanto nella presenza di mostri nel senso letterale del termine quanto invece nella discesa nella follia della mente umana e l’incapacità di concepire l’impossibile oltre il reale.

Giulio A. Gualtieri e Marco Nucci imbastiscono una storia che funziona come un perverso gioco di scatole cinesi in cui il protagonista viene catapultato in mondo in cui nulla è come appare e che sembra ridursi ad un pessimo e grottesco scherzo fin quando il vero orrore si svela nella sua lucida follia.

Cthulhu – L’Abisso della Ragione soprattutto nella sua prima parte ricorda in certi frangenti alcune storie di Tiziano Sclavi mentre il protagonista ricalca in chiave pulp un altro personaggio della tradizione bonelliana ma di estrazione completamente opposta ovvero Nathan Never.

Dando così delle coordinate famigliari al lettore, i due sceneggiatori possono concentrarsi nel curare l’atmosfera del loro racconto – dimostrando così di aver davvero recepito gli insegnamenti del vate di Providence – concedendosi poi un finale classicamente lovercraftiano che il lettore inizia sinistramente ad intravedere, e ad attendere, già da metà albo in poi.

Ottime le matite di Valerio Befani. Il suo tratto stilizzato fatto di linee essenziali ben si adatta alla storia con il chiaroscuro molto profondo che amplifica i momenti più d’atmosfera della storia. La costruzione della tavola è ordinatissima e chiara matrice bonelliana esaltando le qualità di storytelling del disegnatore, aspetto assolutamente da non sottovalutare in una storia che offre almeno un paio di twist importanti.

Come sempre Editoriale Cosmo confeziona un brossurato solidissimo ed essenziale nella miglior tradizione del fumetto da edicola italiano.

Cthulhu – L’Abisso della Ragione è una storia consigliata agli amanti di certe atmosfere psicotiche di cui Lovercraft è stato pioniere – basti pensare a certi racconti di Stephen King solo per citare un esempio alla portata di tutti – ma anche a chi ad esempio vuole riempire le pause fra una sessione di gioco e l’altra a Le Case della Follia.

Lo strillo a fine volume inoltre fa presagire che la collana potrebbe proseguire con altre storie autoconclusive offrendo così una antologia sicuramente interessante nell’attuale panorama della produzione del fumetto nostrano.

Cthulhu – L’Abisso della Ragione di G.A. Gualtieri, M. Nucci e V. Befani | Recensione è di MangaForever.net

Morgana di Simon Kansara e Stéphane Fert | Recensione

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Morgana avrebbe dovuto essere la sovrana della Bretagna, in quanto erede legittima del re di Tintagel; però ha dovuto cedere il suo posto al fratellastro Artù, grazie ad uno stratagemma ordito dal mago Merlino. Morgana decide allora di affrontare Artù, dicendogli che se non la ucciderà lo perseguiterà per sempre al fine di riprendere ciò che le spetta di diritto. Si pentirà il novello re della sua scelta?

Tutti conoscono il mito della fata Morgana, la grande rivale di re Artù nelle storie del ciclo arturiano: maga, madre, pretendente regina, Morgana è una figura che nel corso del tempo ha avuto sempre più approfondimento psicologico nelle molte varianti che l’hanno vista protagonista, ma raffigurandola sempre come una figura negativa. Ora Simon Kansara e Stéphane Fert ci danno in questo volume unico una versione alternativa della storia, in cui Morgana è la protagonista, tuttavia ancora non positiva, ma almeno gli autori ci forniscono le motivazioni che la portano a fare ciò che fa.

La storia, quindi, ruota questa volta intorno alla figura di questa donna, i cui tratti appaiono netti fin dall’inizio, emarginandosi (ed essendo anche emarginata) a causa della sua particolarità, sia di carattere, sia per le doti soprannaturali di cui è dotata fin dalla nascita; come appaiono netti anche i caratteri di chi la circonda, soprattutto quelli di Artù e dei suoi cavalieri, che, se nel ciclo arturiano sono senza macchia e senza paura, qui sono (anche troppo?) tutto il contrario, impersonificando tutto il peggio dell’aristocrazia guerriera dell’epoca.

In ogni caso la trama si fonde in una modernità ricca di elementi antichi: questi ultimi sono rappresentati non solo dalla ambientazione (ovviamente), ma anche dallo stile adottato nei dialoghi, che rimanda ad una aulicità che in questo caso è da ascrivere anche al buon lavoro del traduttore dell’opera, Stefano Andrea Cresti; del resto, non per nulla gli autori ringraziano anche Shakespeare per il suo contributo. La modernità è il saper fare salti temporali durante la storia per raccontarci questa nuova versione della vita della celebre strega.

Inutile dire che alla base della trama ci sono la libertà e la fierezza di una donna che si batte per trovare il proprio destino riscattandolo dalla brama di potere degli uomini che l’hanno messa all’angolo. Tuttavia la sua corsa verso l’obiettivo non sarà facile e potrebbe costare a Morgana il doversi rendere conto che in realtà è diventata come coloro che odia. Ma sarebbe riduttivo condensare questo volume come un banale manifesto di semplice femminismo; la trama è solida e il personaggio di Morgana svetta sicuramente.

Altra caratteristica che fa risaltare il volume è lo stile di Fert che ne adotta uno stilizzato (influenzato dal gusto di Gustav Klimt, altra inconsapevole musa ispiratrice del volume) caratterizzato da un ricercato uso degli abbinamenti dei colori: nel primo capitolo, ad esempio, tutto si gioca sull’alternanza di toni freddi; ma successivamente vedremo anche la sua abilità nell’uso dei toni caldi. Ma questo uso particolare non inficia in realtà la lettura, che anzi ne guadagna, grazie anche al senso di inquadratura e alla collocazione dei personaggi sulla scena, che ne rendono ancora più teatrale la rappresentazione tragica.

 

Morgana di Simon Kansara e Stéphane Fert | Recensione è di MangaForever.net

Tex – Giustizia a Corpus Christi | Recensione

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La Sergio Bonelli Editore ha deciso di riproporre in un formato di pregio una storia recente di Tex, ma perfettamente riuscita e già diventata classica. L’idea di sviluppare storie dedicate al giovane Tex in una versione raffinata, definita “romanzo a fumetti”, espande l’universo di Aquila della Notte, ed allo stesso tempo lo circoscrive in quel piccolo grande mondo del West, nel quale il personaggio vive avventure da circa settant’anni.

Questo perché Giustizia a Corpus Christi è una storia fresca ed allo stesso tempo molto tradizionale. Alla sceneggiatura c’è Mauro Boselli, curatore della testata, e autore che conosce a menadito il personaggio. Mentre ai disegni il magistrale Corrado Mastantuono riesce a dare solidità e freschezza al tratto dei personaggi ed alle ambientazioni. In più ci sono i colori di Matteo Vattani che, nonostante aderiscano alla tradizione del fumetto europeo, riescono a dare ulteriore freschezza visiva alla storia, facendola quasi accostare allo stile Marvel.

In tutto ciò c’è una storia tradizionale di Tex, e che attinge al cuore della sua genesi: il giovane Willer è sulle tracce dei razziatori che l’hanno falsamente accusato. Tex infatti è considerato un fuorilegge per essersi fatto giustizia in seguito all’uccisione del padre. Ma a supportarlo sulla via di Corpus Christi, mentre è braccato dai pistoleri, ci sono il fratello Sam ed i suoi amici rangers.

Insomma, si tratta di una classica storia texiana, che va a scavare nel passato del personaggio e nelle sue avventure giovanili. Sappiamo bene che la Sergio Bonelli Editore ha da poco inaugurato una serie dedicata esclusivamente al giovane Tex, e questo romanzo a fumetti, pubblicato lo scorso anno e riproposto oggi in un’edizione cartonata, non fa altro che rimarcare questo nuovo terreno editoriale solcato dalla SBE.

Mentre nella collana Tex Willer il personaggio principale e le storie devono comunque fare i conti con tutto ciò che comporta la serialità e l’uscita mensile in edicola, questo tipo di volume si può permettere un linguaggio narrativo e visivo diverso. In 48 pagine, sviluppate in un formato alla francese, la storia si prende un respiro diverso, grazie a tavole che abbondano di vignette.

Il lettore resta così impegnato sulla singola tavola per più tempo, e può assaporare al meglio i disegni di Mastantuono ed una colorazione all’altezza di un volume di pregio dedicato a Tex.

Nonostante l’ardore giovanile di Aquila della Notte il personaggio risulta essere abbastanza scaltro da non cadere in trappola, e di saper leggere eventuali pericoli. Sotto questo punto di vista l’ultimissima pagina riserva un po’ di suspense e riaccende con una fiammata improvvisa l’attenzione del lettore.

Giustizia a Corpus Christi continua a portare avanti al meglio la pubblicazione dei romanzi a fumetti dedicati al giovane Tex, e la valorizza ulteriormente in questa prestigiosa edizione cartonata. Il giovane Tex dal capello un po’ più lungo funziona bene a livello visivo. I tratti essenziali del personaggio, capaci di far riconoscere l’Aquila della Notte solido e roccioso della testata principale, ma rinnovandolo e rendendolo più fresco grazie ad alcuni accorgimenti, danno al Tex dei romanzi a fumetti quel qualcosa che distingue e fa apprezzare il personaggio e la testata.

Giustizia a Corpus Christi è quindi la conferma di un formato e di un tipo di storia dedicata a Tex che funziona, e che potrà essere ancora più valorizzata nel tempo, e proprio per questo la sua riproposizione in versione cartonata testimonia quanto questa “giovane” collana stia già riscuotendo consensi.

Tex – Giustizia a Corpus Christi | Recensione è di MangaForever.net

Black Steam | Recensione

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Il genere steampunk rappresenta una delle correnti più interessanti della narrativa fantascientifica. Secondo molti, è stata inaugurata da William Gibson e Bruce Sterling con il romanzo The Difference Engine; altri ritengono che sia in realtà stata anticipata da alcune opere di scrittori sci-fi del calibro di K.W. Jeter. In ogni caso, lo steampunk, almeno nella sua impostazione originaria, si basa su storie ambientate nella Gran Bretagna dell’epoca vittoriana. Si parte, però, dal presupposto che esistano già computer e altri elementi tecnologici.

In seguito, sono state realizzate altre opere steampunk collocate in contesti ed epoche differenti ed era prevedibile che anche il mondo del fumetto avrebbe dimostrato interesse nei confronti di questo genere. Basti pensare a The League of Extraordinary Gentlemen di Alan Moore e Kevin O’Neill o alla miniserie Sebastian O di Grant Morrison, giusto per citare un paio di lavori.

Prankster Comics propone Black Steam, fumetto che da un lato presenta le caratteristiche tipiche dello steampunk (ambientazioni ottocentesche e tecnologia) e dall’altro, però, non rinuncia all’originalità, dal momento che la storia si svolge a Roma. Lo scrive Valentina Di Stefano che ha descritto in maniera meticolosa e accurata gli ambienti della capitale del 1886, anno in cui inizia la trama. La protagonista è Artemisia, una bella ragazza dalle notevoli conoscenze scientifiche.

Si tratta di una donna forte, volitiva, sicura di sé e coraggiosa che certamente non rientra nel classico ruolo della creatura angelica che occupa una posizione subordinata rispetto agli uomini (del resto, domina facilmente il fidanzato, impegnandosi in giochetti sadomaso). Uno dei suoi interessi principali è il viaggio nel tempo e questo tema, forse mutuato dalla fiction di Wells, è preponderante.

Per una serie di ragioni che non rivelerò per non spoilerare, il padre di Artemisia scompare e quest’ultima lo cerca in un viaggio a ritroso nel tempo con l’ausilio di un marchingegno sofisticato. La scomparsa del genitore è collegata alle macchinazioni di una setta massonica guidata dall’enigmatico Kommandant Margery che a sua volta cerca una misteriosa chiromante, per motivi che, almeno in questo primo volume, rimangono insoluti.

L’autrice, in pratica, gioca con lo steampunk ma pure con suggestioni mistico/esoteriche che fanno di Black Steam un fumetto davvero interessante, caratterizzato da una trama coinvolgente impreziosita da un ottimo ritmo narrativo. Testi e dialoghi sono curati ed efficaci e hanno il merito di non appesantire la story-line.

I disegni sono di Pierpaolo Pasquini che non ha uno stile naturalistico e propone figure a tratti grottesche e un po’ cartoon, senza, però, eccessi caricaturali. La raffigurazione delle architetture romane o degli interni delle case rivela invece un’attitudine più realistica. Ne viene quindi fuori un piacevole contrasto che conferma la peculiarità di un’opera come Black Steam. Pasquini, inoltre, alterna tavole composte da inquadrature tradizionali con altre dalle vignette spaziose e di ampie dimensioni. Una simile scelta conferisce all’opera un tocco di gradevole imprevedibilità.

Bisogna, inoltre, segnalare i colori crepuscolari e cupi di Viviana Di Chiara che valorizzano le matite di Pasquini e risultano senz’altro adatti a una storia che si svolge comunque nell’ottocento, benché si tratti di un ottocento ‘alternativo’. In definitiva, Black Steam conferma la qualità delle produzioni targate Prankster Comics e potrà piacere agli amanti della fantascienza e a coloro che apprezzano i personaggi femminili lontani dagli stereotipi. Da provare.

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Sette 0 | Recensione

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Nel catalogo della Prankster Comics, giovane e intraprendente casa editrice indipendente, spicca il n. 0 di Sette, serie che, almeno a giudicare da questo albo, è inclassificabile.

Lo scrivo, comunque, in senso positivo, dal momento che, come scopriranno coloro che lo leggeranno, non si tratta di un inizio banale. In genere i numeri zero sono motivati esclusivamente dal marketing, si limitano a presentare sequenze incomplete del primo episodio, magari con qualche pin-up e articoli di vario tipo; oppure una breve storiella che introduce i personaggi e le ambientazioni, senza, naturalmente, approfondire.

Il n. 0 di Sette non è niente di tutto questo e bisogna riconoscere alla sceneggiatrice, Federica Binacchi, il pregio dell’originalità. Non è facile, in ogni caso, ragionare sulla storia perché, in maniera consapevole, l’autrice non ci fa capire se l’episodio è il prologo della serie vera e propria, o la fine, l’inizio o magari un intermezzo, se non addirittura un flashback.

Collocare Sette in un genere preciso è arduo. La casa editrice lo definisce urban fantasy e certamente questo elemento è presente; ma c’è pure un pizzico di horror e molta azione che risente forse dell’influenza dei comics supereroici. Ma chi sono i personaggi? Federica Binacchi non ci dice nulla sul loro conto, creando, quindi, un’intrigante atmosfera di mistero che ha l’evidente scopo di incuriosire. E ci riesce benissimo.

Possiamo solo intuire che esiste un gruppo di individui chiamati i Sette. Qualcuno o qualcosa li ha decimati, tranne uno che è poi il narratore della vicenda. La trama, perciò, parte dal presupposto che molti terribili eventi si sono già verificati e ciò che leggiamo ne è la conseguenza. Si citano poi gli enigmatici Iseth e non si sa se si tratti di un clan, di un gruppo rivale o chissà cos’altro. Federica Binacchi descrive, inoltre, la lotta violenta e senza esclusione di colpi tra il superstite dei Sette e un uomo che pare essere il leader degli Iseth.

Gli esiti sono devastanti e l’episodio si conclude con l’inserimento di un dettaglio che conferisce ulteriore mistero alla trama.

I testi sono intensi, profondi, maturi, decisamente efficaci, e da questo punto di vista Federica Binacchi si dimostra convincente. Come ho già chiarito, riesce a incuriosire il lettore e si può dire che Sette ha grandi potenzialità e potrebbe costituire una piacevole sorpresa per i lettori. I disegni sono di Federico Battisti che ha un tratto grezzo, sporco, aggressivo, perfetto per una vicenda drammatica e adrenalinica come questa.

26Giocando con un bianco e nero suggestivo, impreziosito da eleganti giochi d’ombra, Battisti fa sfoggio di uno stile dinamico, evidente specialmente nelle sequenze d’azione, e imposta il lay-out all’americana, con un’attitudine Marvel e DC, tanto per intenderci. Insomma, Sette è veramente una proposta da tenere d’occhio, ma bisogna aspettare l’uscita del n. 1 per poter formulare un giudizio più articolato. Da provare.

Sette 0 | Recensione è di MangaForever.net


I Briganti di Magnus | Recensione

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Dopo Lo Sconosciuto – la nostra recensione QUIMondadori Oscar Ink propone in formato absolute un’altra importante opera di Magnus: I Briganti.

Parlare de I Briganti significa parlare dell’opera che ha accompagnato Magnus praticamente per tutta la seconda parte della sua carriera, quella post-Alan Ford, in una gestazione e realizzazione travagliata, complessa, fortemente influenzate dalle suggestioni personali dell’autore bolognese e da una vita editoriale tutt’altro che lineare.

I Briganti è ispirato all’omonimo romanzo della tradizione popolare cinese del XV secolo che, come facilmente intuibile, ha come protagonisti militari che sfuggono alle pene ingiuste dovute alla corruzione del potere centrale e si rifugiano nelle paludi del Liang-shan.

Fortemente colpito da questo romanzo, uscito in Italia nel 1956 in versione non integrale, Magnus inizia il suo personalissimo adattamento a fumetti le cui prime tavole risalgono agli inizi degli anni ’70 e a cui l’autore lavora ad intermittenza nelle pause di altre opere fra cui Lo Sconosciuto e La Compagnia della Forca.

La prima edizione dei primi due cicli di storie vedono la luce solo alla fine degli anni ’70 e passeranno circa 10 anni prima che altri due cicli vengano pubblicati fino all’interruzione sancita dallo stesso Magnus nel 1990 che aveva previsto altri due cicli finali ma che non vedranno mai luce frenati dal lavoro sul mitico texone La Valle del Terrore e dalla prematura scomparsa dello stesso autore.

Essendo ben consapevole di non poter adattare in maniera fedele usi e costumi della Cina del XV secolo, Magnus ne rovescia la prospettiva estetica e recupera il suo amore per la fantascienza pulp del Flash Gordon di Alex Raymond e intesse un mondo medievale steampunk in cui cavalli e astronavi convivono, giubbe e sciabole trovano posto al fianco di magia e lance laser.

La fortunata scelta, che separa I Briganti da altre opere a lei contemporanee e apre un filone all’interno della stessa produzione di Magnus, tuttavia non ruba la scena al forte quanto ostico impianto narrativo.

I Briganti si snoda attraverso quattro lunghi capitoli al cui interno convivono una miriade di personaggi le cui storie si intrecciano spesso in maniera casuale con repentini cambi di punti di vista che rendono la lettura ostica nell’accezione meno negativa del termine e più cerebrale.

E’ un carosello di personaggi che per sfortuna o per avarizia cadono in disgrazia, militari e funzionari pubblici che vengono inghiottiti nella macchina del potere e sotto i colpi dei potenti finendo “diseredati”. La loro unica prospettiva è quindi il brigantaggio e raggiungere la banda che popola le paludi del Liang-shan.

Ufficiali che pur di sfuggire alla legge che li vuole imprigionare diventano monaci dal piglio sempre belligerante o fuggono da colonie penali nelle quali sono stati mandati perché un potente ha messo gli occhi sulla loro moglie. E ancora un sindaco che si fa convincere a compiere un rapina spinto dai ricordi delle glorie passate sul campo di battaglia. Fino all’offensiva del governo che decide di usare il “pugno di ferro” sferrando una offensiva contro la banda del Liang-shan e prendendo invece una sonora batosta.

Ma ci sono anche funzionari che sotto l’aria mite nascondono un passato rivoluzionario e fanno quel che possono per intralciare la “prepotenza” del governo centrale.

E infine ci sono le divergenze all’interno degli stessi briganti e quelle interne allo stesso governo centrale. Le prime segnate da una spiccia praticità violenta, le seconde più ampollose dimostrano tutta la loro drammaticità sfociando praticamente in una guerra civile.

Se abbiamo già ampiamente discusso della forma – intrigante, peculiare e innovativa se vogliamo – de I Briganti quello che colpisce senza ombra di dubbio è il contenuto che, scevro da uno schema narrativo lineare, pone al centro dell’attenzione del lettore una riflessione sul potere, sul “buon governo” e sulle figure che dal potere vengono ostracizzate.

“…corruzione e ottusità in alto!… oppressione e ingiustizia in basso! …non c’è da stupirsi che i migliori vadano fra i briganti!”

Azzardando un paragone come una sorta di esercizio di letteratura comparata, I Briganti di Magnus possono accostarsi per contenuto al Quarto Mondo di Jack Kirby – epopea sci-fi che il Re dei Comics realizzò proprio negli anni ’70 per DC – perché entrambe le opere condividono quelle stesse riflessioni su potere, guerra, sulla divisione fra divino e terreno e fra poveri e ricchi.

Magnus ovviamente lo fa seguendo il suo stile. I suoi personaggi sono esagerati spesso grotteschi salvo poi allargare il tiro capitolo dopo capitolo passando da vicende personali ai grandi conflitti.

Il “buon governo” è mira di scherno, rabbia e l’autore bolognese non manca di dipingerne le assurdità fra opulenza e burocrazia insormontabile mentre i Briganti lungi dal fascino esotico di una certa letteratura piratesca sono individui spietati, spesso bestiali e senza onore.

E’ questo poi il punto di contatto fra i due schieramenti che Magnus contrappone. Il potere logora indipendentemente dalla nobiltà di intenti nella migliore delle ipotesi c’è una cambio al vertice, nella peggiore nuove guerre e nuovi conflitti in cui a farne le spese sono sempre gli ultimi alimentando così un circolo vizioso che non sembra avere mai fine regolando la vita “civile”.

Dal punto di vista grafico ne I Briganti è possibile rintracciare senza troppa fatica l’evoluzione nello stile di Magnus. Se i primi due capitoli infatti risentono ancora dell’influenza degli anni trascorsi su Alan Ford alla corte di Max Bunker con una maggiore attenzione per le espressioni e i tratti caricaturali di personaggi e situazioni mediata da una maggiore attenzione alla sinuosità della figura femminile di cui in quegli anni stava esplorando le potenzialità narrative nella “fase erotica” della sua produzione.

Con i capitoli tre e quattro il tratto si avvicina con decisione al realismo della maturità e in cui la linea è più spessa e decisa così come l’uso dei neri che diventa fondamentale offrendo un contrasto più netto anche alla luce di sceneggiature più improntate all’azione nel senso più ampio del termine e ad una costruzione della tavola che è già pensata per l’albo e non per la striscia così come accaduto per i primi due capitoli.

L’edizione absolute targata Mondadori Oscar Ink è un elegante cartonato di grandi dimensioni – 23,3 x 31,2 – che esaltano in lavoro grafico del Magnus disegnatore. Ottima la resa grafica con un’ottima carta dalla grammatura importante. L’apparato redazionale, costituito da una prefazione e da una breve postfazione di Fabio Gadducci, è essenziale ma puntuale. Ogni storia inoltre beneficia di precise indicazioni bibliografiche.

 

I Briganti di Magnus | Recensione è di MangaForever.net

Hollywoodland di Michele Masiero e Roberto Baldazzini | Recensione

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Proprio nella settimana in cui Quentin Tarantino monopolizza il Festival di Cannes con la sua nuova pellicola C’era una volta a…Hollywood, la Sergio Bonelli Editore pubblica una graphic novel sceneggiata da Michele Masiero, e disegnata da Roberto Baldazzini, dal titolo Hollywoodland. 

La storia racconta la vita controversa di Danny Winter, uomo che si aggira tra gli studi cinematografici della Los Angeles degli anni Venti, occupandosi delle faccende più disparate, e risolvendo i casi più sporchi che si annidano dietro all’industria hollywoodiana. Ma Danny, nonostante sia un tipo piuttosto burbero, ha un cuore generoso, e pronto a donare amore. Perciò l’incontro con una giovane cameriera, chiamata Lillian, risveglia in lui tutto quel sentimento sopito.

Ma anche in questo caso dietro i lustrini e le luci abbaglianti di Hollywood si annida una storia fatta di tradimenti, crimini, e tanto sangue. I sogni di una vita felice per Danny verranno presto traditi. Ed un terribile caso di omicidio farà emergere una realtà crudele, portando ad un risvolto inaspettato.

Ciò che riesce a fare Michele Masiero con la sua sceneggiatura è restituire il gusto di quella Hollywood degli anni Venti, che oggi possiamo solo provare a vivere attraverso le pellicole di quell’epoca. Così come fecero i fratelli Coen con Ave Cesare, il riuscire a mostrar cosa si nasconde dietro la macchina produttiva della cinematografia offre molte storie, e parecchie situazioni intriganti.

Forse non a caso il volume s’intitola Hollywoodland, lo stesso titolo del film del 2006 con protagonista Ben Affleck, che racconta la storia di George Reeves, interprete di Superman nella serie televisiva degli anni Cinquanta, morto (apparentemente) suicida in circostanze misteriose.

Michele Masiero riesce a fare proprio questo: offrire uno spaccato di vita di una Hollywood fatta di persone, e non di personaggi, con tante storie tragiche le cui ombre vengono sommerse dalle abbaglianti luci dell’industria cinematografica. I personaggi raccontati da Masiero sono carichi di dramma e di sventure. La felicità a Hollywood non è proprio di casa.

Ad arricchire una sceneggiatura ben fatta, dotata di buon ritmo, e capace di far assaporare l’atmosfera dell’epoca d’oro del cinema classico, ci sono i disegni di Roberto Baldazzini. Il disegnatore riesce a proporre tavole fatte di una linea chiara, con personaggi ed ambienti che richiamano lo stile classico di Alex Raymond, e rievocano la golden age dei fumetti.

Insomma, Hollywoodland è una storia a fumetti dotata di grande potere evocativo, che fa respirare la magia e la tragedia di un’epoca irripetibile del Cinema, fatta di divismo puro, ma anche di tante menzogne, e difficoltà a saper vivere la realtà.

Il protagonista della storia Danny Winter è un uomo normale sbattuto in mezzo all’anormalità, incapace di vivere una vita come tante perché nato nel posto sbagliato. Sicuramente la normalità non abita Hollywood, e l’epoca in cui è esplosa l’industria cinematografica è stata capace di creare una bolla che ha risucchiato un po’ tutti, divi e persone comuni.

Hollywoodland è quindi una storia consigliata a tutti i cinefili, ma anche agli amanti di storie a fumetti con una certa cifra autoriale. Ed è questo il miracolo della Sergio Bonelli Editore, casa editrice storica, capace di affermarsi e di essere la madre del fumetto  italiano di genere, ma in grado allo stesso tempo di farsi padrona di una certa autorialità. Perché l’epoca d’oro del fumetto italiano, grazia alla Sergio Bonelli ed a volumi di questo genere, sembra non essere mai pronta a mostrare la parola “fine”.

 

Hollywoodland di Michele Masiero e Roberto Baldazzini | Recensione è di MangaForever.net

Gli Orchi-Dei Mezzo Sangue di Hubert e Gatignol | Recensione

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Se non avete letto il primo volume, dovete sapere che la sua storia è ambientata in un mondo in cui gli Orchi sono la razza dominatrice, mentre gli esseri umani sono loro asserviti, sia in quanto umili servitori, sia in quanto base della loro dieta. Tuttavia, la razza degli Orchi è presto destinata all’estinzione, dato che, generazione dopo generazione, il fatto di unirsi con i propri consanguinei ha prodotto Orchi sempre più piccoli di dimensioni e sempre più sciocchi nei pensieri.

In questo volume scopriremo però la storia di Yori, figlio illegittimo di una plebea e di un nobile, che vive con la madre insieme al padre, ma sempre oggetto di scherno da parte della famiglia legittima del nobile; tuttavia, scendendo ad ogni genere di compromesso, Yori riuscirà alla fine a realizzare il proprio sogno di ascendere tra i ranghi della servitù umana degli Orchi-Dei fino a diventare un potentissimo membro della loro corte.

Anche se il protagonista è diverso, questo secondo tomo della collezione presenta in realtà la stessa storia del primo volume, Piccolo, anche se raccontata da un punto di vista che la rivela come totalmente diversa e complementare. In ogni caso non è necessario aver letto il primo volume per apprezzare questo, che in certi versi gli è superiore. Se infatti in Piccolo avevo sottolineato la quasi irrilevanza del protagonista, spesso preda degli eventi, qui Yori primeggia come vero ed unico artefice del proprio destino, dato che, complice un attaccamento morboso alla madre, arriva a vendere se stesso pur di vendicarsi del prossimo che lo ha scacciato.

Non è certo un eroe positivo, ma realistico nella sua umanità corrotta. Ed è proprio l’umanità al centro di questo volume pubblicato da Bao, che lascia invece il mondo degli Orchi ai margini della vicenda. Gli uomini, tuttavia, non sono diversi dai loro signori, ed anzi ne ripetono pedissequamente le dinamiche ed i comportamenti, riuscendo in certi casi anche a fare peggio.

Ciò che invece non cambia è l’alternanza tra i fumetti e le storie classiche, che si trovano tra ogni capitolo per esporre la vita dei notabili che si sono succeduti alla carica di ciambellano. Anche questo riesce ad aumentare il livello di coinvolgimento del lettore nel mondo degli Orchi, immergendolo tramite queste storie nelle atmosfere gotiche di un mondo dove niente è come sembra ed in fondo in cui nulla è mai cambiato.

Dal punto di vista del disegno, non si possono che confermare le grandi lodi rivolte a Bertrand Gatignol già per il primo volume: il gusto della luce e il talento nell’utilizzo del bianco e nero sono una vera meraviglia, affiancati da un tratto delicato. Un gusto particolare poi si ha nel design delle vesti: la loro eleganza, coniugata all’eleganza degli ambienti, forma un contrasto evidente con i comportamenti crudeli e opportunistici che le persone pongono invece in essere tra loro e che regolano le loro vite. Anche questa volta le sproporzioni usate per gli ambienti riescono a conferire l’idea delle sensazioni che un umano deve provare di fronte ad un essere gigantesco che può schiacciarlo come e quando vuole.

Gli Orchi-Dei Mezzo Sangue di Hubert e Gatignol | Recensione è di MangaForever.net

Iron Kobra di AkaB & Officina Infernale | Recensione

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Continua positivamente il sodalizio fra Progetto Stigma e Eris Edizioni che dopo l’ottima raccolta Sarò Breve di Squaz – QUI la nostra recensione – danno alle stampe, dopo la consueta campagna di crowd-funding conclusasi con successo, Iron Kobra.

Scritto e disegnato a quattro mani da AkaB e Officine Infernali, nomi attivissimi nel campo dell’editoria indipendente ma non solo – il lungometraggio “Mattatoio” di AkaB è stato presentato anche alla Mostra del Cinema di Venezia mentre uscivano titoli per Shockdom e Passenger Press, Officine Infernali invece usciva per Becco Giallo – Iron Kobra è un graphic novel che paga pesantemente dazio all’immaginario supererostico di matrice USA.

Henry Novak è un agente speciale che viene selezionato per indossare una futuristica tuta capace di donargli incredibili abilità e denominata Iron Kobra.

Mentre apprende dai suoi superiori che la missione per cui è diventato Iron Kobra consiste nell’abbattere il misterioso progetto Destrukton, Henry inizia ad accorgersi che la tuta è semi-senziente e che spesso è soverchiato da quello che dovrebbe essere un semplice equipaggiamento.

Inizia così una discesa in vari livelli in cui il subconscio del protagonista viene messo a nudo fra ansie e timori in una tensione fra spersonalizzazione e indagine sulla proprietà identità sessuale, morale, sociale.

Ben presto Iron Kobra si renderà conto che, squarciato il velo delle apparenze, il mondo è una “illusione” costruita dalla propaganda pilotata dai mezzi di comunicazione di massa e marketing mentre una occultocrazia ne decide il destino perseguendo i propri scopi vacui e edonistici.

La missione di Iron Kobra allora è radicalmente cambiata ma Henry Novak sarà all’altezza del improbo compito?

Quella imbastita di AkaB è una storia serratissima, un tributo/elogio (macabro) al genere superoistico e in particolare a quello più rarefatto di fine anni ’60 e inizi anni ’70 in bilico fra le sperimentazioni pop di Jim Steranko e di Jack Kirby.

Vi è però anche un gusto molto anni 2000 in quello che l’autore racconta – un agente speciale, che diventa eroe e scopre una tecnocrazia che manipola la realtà – che richiama un certo gusto britannico di autori come Warren Ellis.

Il tutto viene poi filtrato dalla sensibilità tutta tricolore di AkaB che non manca di criticare il mondo, inteso nel senso più ampio del termine, ovvero la società consumistica – di cui i supereroi in ambito fumettistico sono forse l’espressione massima – l’inaridimento dei sentimenti e la decadenza etica e sociale che mettono in discussione primariamente il concetto di identità.

E’ un flusso di coscienza lungo 180 pagine che spesso assume i toni di un’esperienza lisergica che utilizza la forma videoludica, tanto famigliare quanto aliena, di una discesa lunga più di una dozzina di livelli.

Realtà e identità che AkaB mette in discussione cercando nel lettore un approccio critico e de-decostruendo il mito del supereroe che viene svuotato del suo significato più straordinario per mostrare non tanto il volto dietro la maschera quanto il suo relativismo in una modernità estremamente omologante.

In tal senso l’autore trova in Officina Infernale un partner perfetto che rovescia l’assunto del disegno ipertrofico e dettagliato in favore di una tecnica ibrida come il collage in cui le immagini “impressionano” il lettore e le parole sgomitano per trovare spazio in un percorso sensoriale totale che avvolge il lettore e lo catapulta nelle imprese e nella folle (ir)realtà di Iron Kobra.

Come sempre solidissimo il brossurato prodotto da Eris Edizioni e Progetto Stigma. Ottima la cura carto-tecnica a cui si aggiunge una breve ma puntuale postfazione.

Iron Kobra di AkaB & Officina Infernale | Recensione è di MangaForever.net

L’uomo delle valigie (Tutti i gatti sono di Dio) | Recensione

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Le regole sono fatte per essere seguite, soprattutto nel caso in cui non bisogna chiedersi il perché. Meglio tacere ed eseguire, no? Ma se dovesse capitare di infrangerle per caso, chi verrebbe mai a saperlo?

Ecco, Marco Nucci e Lorenzo Zaghi in L’uomo delle valigie vogliono farci sapere che non c’è scampo ed è inutile fuggire: se sgarri, ti verranno a cercare e qualsiasi via di fuga sarà sbarrata.

Nel 1937, New York è frenetica e fumosa, esattamente come le attività illecite che brulicano sottobanco pur di mettere da parte una buona cifretta per sopravvivere alle conseguenze della Grande Depressione. In un’America che ancora non sente la puzza delle leggi razziali, l’ebreo Ira Zimmer è alla ricerca di un lavoretto ben pagato. Gli viene offerto un lavoretto molto semplice: ritirare una valigia contenente altre piccole valigie, da consegnare a una lista di indirizzi. Due regole sole: non aprire le valigie e non fare domande. Ma è per colpa di una valigetta aperta per sbaglio che Ira si ritroverà immischiato in un misterioso countdown dalla fine sconosciuta…

VORREI INDIETRO LE MIE OTTO CAMICIE DI LINO VIOLA

Secondo volume cartonato di Marco Nucci e secondo successo narrativo. Dopo Sophia dell’oceano pubblicato da Tunuè, lo sceneggiatore riesce di nuovo a tirare il lettore dentro atmosfere inquietanti e fumose, oscure e melmose, come lo smog denso che esce fuori dagli scarichi delle macchine anni Trenta. La tensione si tocca fin dalle prime pagine della storia, dove il protagonista Ira racconta tutto ciò che di strano gli sta accadendo intorno. Quella sensazione che pervade l’ascoltatore del fatto che qualcosa (o qualcuno) dall’alto stia manovrando ogni tua azione va al di là del divino, protendendo infinitamente verso il diabolico. Tra le abilità di Nucci c’è quella di plasmare il genere noir a suo piacimento, infarcendo pagine e pagine di dettagli speciali che… serviranno alla narrazione? Chissà. Lo sceneggiatore trasforma Ira in un burattino nelle sue mani, come in un episodio di Black Mirror (“Zitto e balla”), aggiungendoci un “ma…” finale: riuscirà il nostro eroe a infrangere delle strane leggi che vanno oltre l’umana comprensione? Di sicuro si nota la forza estrema del protagonista di non farsi comandare da qualcosa senza volto, cercando di scardinarlo dall’interno con l’abilità di un cesellatore.

Per impreziosire la narrazione già così palpitante, Lorenzo Zaghi e le sue linee frenetiche amplificano ancora di più il senso di costante tensione e brivido dell’ignoto. I volti non eccessivamente dettagliati lasciano comunque spazio alle emozioni di tutti i personaggi che passano per sbaglio tra quelle tavole e altri che sono a loro volta protagonisti di un meccanismo perverso e ineluttabile. La costruzione complessiva è ideale per un fumetto noir che non fa per nulla rimpiangere le opere di Will Eisner.

A confondere ancora di più le idee, i colori di Mattia Iacono rimescolano i canoni cromatici delle linee temporali. Flashback, linee del presente e racconti si riassemblano tra di loro, generando iniziale perplessità nel lettore che si attenua verso la fine, con una gamma di colori che riportano la mente al ricordo di Blacksad.

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Senzanima – Buio di Luca Enoch e Alfio Buscaglia | Recensione

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Continua imperterrito il cammino di Dragonero fra conferme – la serie regolare che si è guadagnata un pubblico attento e devoto – e nuove iniziative come la serie animata che dovrebbe debuttare prestissimo e indirizzata ad un pubblico più giovane.

Nel mezzo c’è Senzanima, la serie adulta del brand Dragonero, che ha trovato nelle avventure di un giovane Ian, ovvero quando si era arruolato nel gruppo di mercenari capitanato di Greevo Senzanima al servizio dell’Impero durante la guerra contro il territorio ribelle della Merovia, un fertile terreno narrativo.

Se il primo volume era servito ad introdurci questa nuova ambientazione, il giovane Ian e i suoi pittoreschi compagni, già con il secondo volume – Fame, la nostra recensione QUI – si era iniziato a fare sul serio con una storia al limite dell’horror sottesa ad una riflessione amara sulla guerra.

Con questo terzo volume, intitolato Buio, si torna su lidi più genuinamente fantasy.

I Senzanima si stanno godendo un po’ di riposo quando il loro accampamento viene improvvisamente attaccato da esseri assetati di sangue e dotati di poteri straordinari: I Signori del Sangue.

Il Mago rivela la natura mistica e maligna di queste creature da sempre fedeli ai sovrani della Merovia, Greevo, viste anche le ingenti perdite, decide quindi di stanare i Signori nella propria dimora con una piccola spedizione.

L’unica arma a disposizione dei mercenari è il pericolosissimo vetriolo ardente. Il piano è semplice arriva alla magione e appiccare il fuoco tuttavia Ian e i suoi compagni una entrati si troveranno fra l’incudine e il martello con il vetriolo da un lato e i Signori del Sangue dall’altro.

Luca Enoch spoglia di qualsiasi fronzolo il plot di questo terzo volume attingendo a piene mani dall’immaginario fantasy più puro e riconoscibile per gli amanti del genere.

Non si tratta assolutamente di un esercizio di stile anzi lo scrittore sa bene quali fili tendere e in quali momenti. Ecco che I Signori del Sangue – minaccia imprescindibile in qualsiasi scenario fantasy – vengono calati nel contesto più ampio della Merovia e della lotta con l’Impero mentre la seconda parte del volume è un chiaro omaggio al dungeon crawling tipico delle interazioni ludiche del genere.

Se l’azione si concentra tutta all’inizio, la seconda parte del volume è giocata tutta sulla tensione crescente data dalla scoperta della magione e della conseguente fuga, frangenti dove lo scrittore dimostra tutta la sua esperienza e maestria nella “regia”.

La parte grafica è affidata alla matita di Alfio Buscaglia che cresce pagina dopo pagina cercando dapprima, giustamente, un approccio più cinematografico e successivamente giocando maggiormente coi chiaroscuri. Va menzionato anche il lavoro magistrale ai colori di Andres Mossa – senza ombra di dubbio uno dei migliori coloristi attualmente in circolazione.

Il colorista dimostra di saper padroneggiare con personalità le scelte cromatiche – i viola e i rossi che caratterizzano la prima parte del volume – senza disdegnare qualche “effetto speciale” come il verde accesissimo dal forte contrasto del vetriolo ardente. Tuttavia è nell’uso delle luci che Mossa giganteggia ammantando tutto l’albo di un’atmosfera ora sinistra ora eterea ma sempre pungente e mai “piatta”.

Senzanima continua a crescere dimostrando di poter offrire storie eterogenee ma sempre coinvolgenti e mai banali che viaggiano nel solco del genere fantasy ma il cui taglio è “adulto” e capace di attirare l’attenzione non solo di chi non legge la serie principale ma anche di chi magari proprio questo genere non lo mastica.

Il volume è l’ormai consueto cartonato di grande formato con cui SBE propone queste serie. La cura carto-tecnica è impeccabile così come la corposa appendice tutta a tema Signori della Notte.

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Julia – Ladro Scaccia Ladro | Recensione

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Quante volte è capitato che il buono pur di fare giustizia ricorra a soluzioni borderline? La nuova raccolta di storie di Julia dimostra proprio questo. La detective creata da Giancarlo Berardi in Ladro Scaccia Ladro si mette alla prova con ricatti, intrighi e traffici illeciti. Missioni non semplici da risolvere per le quali servirebbero soluzioni estreme, praticamente fuorilegge. E chi meglio di Tim O’Leary, il ladro gentiluomo, sarebbe in grado di dipanarsi in questi casi al limite?

Tre sono le storie presentate in questo volume nel quale Julia dovrà mettere in dubbio non solo il suo ruolo di donna della legge, ma anche quello di persona alla ricerca di un sentimento puro, sempre più difficile da raggiungere. Perché Tim O’Leary è proprio questo. Il personaggio creato sulle fattezze di Cary Grant è un uomo affascinante, con un vissuto particolare. Un ladro di alto livello pronto a mettersi al servizio della giustizia, qualora la situazione lo richiedesse.

In “Ladro Scaccia Ladro” Julia deve supportare un amico finito in una rete di spionaggio deviato. Tim sarà importantissimo per venire a capo dei vertici di questa rete per smantellarla. Mentre in “Il Settimo  Comandamento” Tim O’Leary riceverà uno sconto di pena (in stile Suicide Squad) per supportare Julia in un caso nel quale sono coinvolti dei ladri di antichi manufatti. Infine in “Due Ladri“, sarà lo stesso Tim a cercare il supporto di Julia, per un caso di furto e sequestro di persona nel quale sarebbe coinvolto lo stesso fratello del ladro professionista.

Julia, Mangaforever Julia, Mangaforever Julia, Mangaforever

Insomma, quanto basta per appassionare e stimolare i fan di Julia e di storie crime piuttosto classiche che, chiaramente, richiamano il seminale Caccia al Ladro di Alfred Hitchcock. Giancarlo Berardi e Maurizio Mantero alle sceneggiature riescono infatti a sviluppare trame classiche dal grande ritmo, che intrigano e divertono.

Mentre i disegni di Luigi Pittaluga e Federico Antinori richiamo lo stile Raymondiano che aderisce perfettamente al richiamo classicheggiante dei protagonisti (gli appassionati di Julia sapranno benissimo che la protagonista è ispirata a Haudrey Hepburn. Mentre, come accennato prima, Tim O’Leary si rifà al Cary Grant di Caccia al Ladro).

Insomma Ladro Scaccia Ladro è una raccolta interessante che ripropone vecchie storie di Julia, legate dal filo conduttore del personaggio di Tim O’Leary,  che stuzzicheranno i neofiti della detective, e divertiranno, rinfrescando la memoria dei fan più affezionati.

Le antologie bonelliane riescono sempre a trovare un ottimo filo conduttore da sviluppare per dare bene l’idea di cosa il volume voglia proporre al lettore. Perciò, anche se Ladro Scaccia Ladro, ripropone vecchie storie di Julia già pubblicate (elemento che chiaramente richiama principalmente coloro che non possiedono gli albi riproposti nel volume), la Sergio Bonelli Editore riesce sempre a trovare alcuni elementi intriganti ed inediti capaci di richiamare anche i collezionisti incalliti, o i filologi del personaggio.

Per tutti gli appassionati di fumetti crime Julia è una di quelle figure dalle quali non si può prescindere. Un’eroina dotata di profondità e di un contesto ambientale ricco di citazioni, rimandi, e che si nutre dell’essenza del genere. Per questo motivo da oltre vent’anni Julia è un punto fermo della scuderia bonelliana.

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Dampyr 231 – La Città dell’Uomo Nero | Recensione

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Continua e si conclude l’avventura a New Orleans di Dampyr e compagni. Questa volta però la città americana non sarà il fulcro degli eventi, bensì il punto di partenza per venire a capo dell’intrigo che si è prolungato per due albi.

Baron Samedi è infatti il responsabile della scomparsa di Carmen Duprez, ma non di Agrat, la sorella di Eisheth, sulle cui tracce si è messo anche Harlan Draka. Al centro della storia ci sarà un’opera di H.P. Lovecraft, ovvero “La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath“. Sarà proprio questo romanzo la chiave per condurre Dampyr lì dove si trova Agrat. Ma questa volta ad attenderli non ci sarà un maestro della Notte, bensì un essere ancora più potente.

Le atmosfere del sud degli Stati Uniti suggerite nell’albo precedente, ambientato esclusivamente a New Orleans, si tramutano in qualcosa di diverso. Mentre Le Ragazze di Mahogany Hall aveva una forte atmosfera crime, in La Città dell’Uomo Nero ritorna il fantasy, declinato in chiave horror.

L’avventura di Harlan ed Eisheth alla ricerca di Agrat condurrà i protagonisti all’interno di una misteriosa torre, guidati dai gatti, e con suggestioni alla Lovecraft capaci di contaminare gran parte dell’albo.

Mauro Boselli tiene un buon ritmo narrativo in La città dell’Uomo Nero, anche se Le Ragazze di Mahogany Hall risultava essere più suggestivo. La vecchia New Orleans, i bordelli, il jazz, ed una fitta catena di misteri erano sicuramente elementi azzeccati, e in grado di divertire il lettore. Il passaggio ad un’atmosfera fantasy ed a paesaggi più rarefatti sono certamente elementi suggestivi, ma che creano meno effetto rispetto all’albo precedente.

Fatto sta che questo arco narrativo durato due numeri è  comunque piuttosto interessante ed ha portato Dampyr a confrontarsi con molti nemici: dai Maestri della Notte, al cosiddetto Uomo Nero.

Dampyr, Mangaforever Dampyr, Mangaforever

Dampyr, Mangaforever

C’è da segnalare anche il fatto che si tratta di un mini ciclo narrativo ad altissimo tasso erotico. Considerando che al centro della storia ci fosse una casa della prostituzione di New Orleans, l’erotismo non poteva che farla da padrone. Diverte e fa effetto vedere Harlan Draka, solitamente refrattario ai sentimenti ed ai piaceri della carne, concedersi totalmente alla seducente Eisheth.

Inoltre continua la lotta di Kurjak con il suo tumore. Nonostante Eisheth cerchi di supportarlo attraverso i suoi poteri, sembra che in questo caso non sarà la magia a fare effetto su di lui, ma ci sarà bisogno dei più tradizionali metodi della medicina classica.

I disegni di Nicola Genzianella esaltano le tante scene d’azione e la frenesia di alcune tavole. Il suo tratto nervoso dona vivacità ai personaggi ed alle varie situazioni. Mentre le scene più suggestive ed oniriche sono esaltate da delle vere e proprie splash page che richiamano una volta di più la capacità di Genzianella di creare movimento.

Tra richiami storici, letterari, crime, horror e fantasy questo mini ciclo narrativo di Dampyr si è concluso presentandoci un personaggio veramente temibile, con il quale probabilmente in futuro Harlan tornerà a confrontarsi. La città dell’Uomo Nero e e Le Ragazze di Mahogany Hall sono state un’introduzione ad uno dei nemici più temibili di Dampyr mai incontrati negli ultimi tempi.

Una promessa, insomma, per nuove entusiasmanti avventure.

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Tex 704 – Spalle al Muro | Recensione

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A volte ritornano. Nonostante Kenneth Bowen abbia cercato di ripulirsi dal suo passato, le vecchie colpe, in un modo o nell’altro, gli si stanno ritorcendo contro. Per questo motivo l’ex fuorilegge, sorvegliato speciale da Tex, in Spalle al Muro si ritroverà all’interno di un intrigo nel quale è finito suo malgrado. Questa volta non è il desiderio di denaro che spingerà Bowen a commettere reato, bensì l’obiettivo di salvare Tim e Margie, le persone a cui più tiene, le quali sono state sequestrate per ricattarlo.

Continua e si conclude l’avventura di Tex iniziata nello scorso. Il personaggio di Bowen, tenuto sotto sorveglianza dal ranger e da Kit Carson, i quali si sono recati a San Francisco appositamente per tenerlo d’occhio, si è cacciato in un nuovo guaio. E sarà Tex con il suo pard a dovervi porre rimedio.

Tex, Mangaforever Tex, Mangaforever Tex, Mangaforever

Come al solito, quando si tratta di sceneggiature realizzate da Pasquale Ruju, gli intrighi sono tanti, e di mezzo, ci sono vecchie questioni riguardanti il personaggio di Kenneth Bowen, ed i suoi crimini. Il passato che viene a galla sarà il fulcro di una storia capace d’intrecciarsi con situazioni riguardanti diversi altri protagonisti.

L’efficacia della narrazione di Ruju questa volta non sta tanto nello sviluppo di una trama che incrocia bene western, avventura e thriller. Bensì è la forza drammatica di alcuni personaggi a scorrere potente nelle pagine di questo albo.

Chiaramente Bowen, ex fuorilegge alla ricerca di redenzione, colpisce più di tutti per la sua impossibilità di sfuggire ad un passato che lo perseguita, ed a vecchie colpe ancora da espiare. Ed a rafforzare questo elemento ci sarà anche la figura del piccolo Tim, bambino preso in “adozione” dallo stesso Bowen, ma il quale non riesce a superare il trauma della perdita del padre. E dietro la storia di Tim si nascondono intrighi e colpe passate che verranno presto a galla.

Diversi saranno i momenti di suspense ed azione in Spalle al Muro, anche se Ruju, rispetto ad altri albi, ha reso più lineare lo sviluppo della storia, concentrando le sorprese ed i momenti emotivamente più coinvolgenti, tutti nel finale.

A supportare la narrazione ci sono i disegni di Gianluca Acciarino, il quale riesce a coniugare l’ispirazione classica che si rifà allo stile di Claudio Villa, con un tocco espressivo originale, che dona grande impatto alla rappresentazione dei personaggi.

Spalle al Muro conclude in maniera interessante gli spunti introdotti dall’albo La Seconda Vita di Bowen, mettendo Tex al servizio di una storia carica di dramma, e che sul finale si rivelerà piuttosto forte a livello emotivo.

Gli albi nei quali il personaggio di Tex viene utilizzato per esaltare una determinata storia ed alcuni personaggi sono tra i più godibili della serie. La potenza narrativa e la longevità di Tex è figlia anche di questa versatilità del personaggio, capace di non pesare su determinate narrazioni che hanno lo scopo di raccontare storie e protagonisti diversi.

Questa è una delle forze di Tex, ed è sicuramente l’elemento più interessante di Spalle al Muro.

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Melvina di Rachele Aragno | Recensione

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Dopo diverse collaborazioni (tra cui anche la pubblicazione di una storia breve con protagonista la stessa Melvina su Ave di Attaccapanni Press) la toscana Rachele Aragno pubblica con BAO Publishing il suo primo graphic novel, che contiene un progetto coltivato dall’autrice fin dall’adolescenza: Melvina, una ragazzina coraggiosa con l’animo “fiammeggiante” come i suoi capelli rossi, è infatti da sempre l’alter-ego della Aragno ma, a differenza della sua disegnatrice, può vivere avventure fiabesche con personaggi cordiali o spaventosi, comunque sempre insoliti.

Ed è in questo fumetto che, il mondo di Melvina, comincia a prendere una forma riconoscibili e godibile da tutti i lettori.

La storia, una vera e propria fiaba, racconta le avventure di una ragazzina di nome Melvina, piena dei turbamenti tipici dell’età adolescenziale, incompresa e con una terribile voglia di diventare grande, per far sì che finalmente la sua opinione venga ascoltata. E proprio dopo  aver sentito i suoi genitori parlare del suo futuro, senza aver avuto voce in capitolo a riguardo, Melvina si troverà coinvolta, cadendo nella casa del signor Otto dal tetto sul quale era solita andare col suo gatto, in un’avventura che la vedrà entrare in un mondo magico e parallelo, Aldiqua, colmo di personaggi afflitti e colpiti dalle malefatte del malvagio Malcape. Incontrando nuove persone, confrontandosi, imparando dai propri errori, Melvina vivrà un’avventura che la porterà, proprio come un vero romanzo di formazione, a crescere e capire il vero valore del tempo e le cose importanti della vita.

ALDIQUA PER ANDARE OLTRE

Con uno schema riconducibile in maniera lineare a quello delle favole, l’autrice ci porta in un mondo magico con il quale ella stessa è cresciuta: ogni personaggio, ogni luogo e ogni evento accaduto ad Aldiqua, hanno il compito di spingere la protagonista (e con lei anche il lettore) a riflettere interiormente e a crescere, aumentando di volta in volta la saggezza con la quale vedere il mondo circostante. Come lei, anche il signor Otto è stato un bambino impaziente di crescere, e tutt’oggi rimpiange il momento in cui stupidamente, per perseguire questo obiettivo, ha ceduto all’offerta tentatrice di Malcape stringendo un patto che lo ha privato di qualcosa dal valore inestimabile: il tempo vissuto a “vivere”, a fare esperienze e a crescere come individuo. Con una tale storia, il signor Otto risulta essere l’aiutante e la guida perfetta per Melvina che, in quanto “prescelta”, non solo non potrà commettere il suo errore, ma dovrà anche liberare l’intero mondo di Aldiqua (e lo stesso Otto) dalle grinfie di Malcape. A rendere l’atmosfera ancora più magica, senza dubbio, l’acquarello della Aragno, perfettamente congruo al tono dell’intero graphic novel ma che perde di “efficacia” nella versione non cartacea dell’opera.

 

Risultando una piacevole storia di formazione fiabesca, tra fantasia e sogni adolescenziali, Melvina intrattiene (con un po’ di “patetismo”, comunque comune del genere) in una piacevole lettura, che resta in ogni caso consigliata ad un pubblico adolescenziale o ai fan incalliti dei mondi fiabeschi ispirati da Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll (considerando anche il prezzo del volume). In attesa, in ogni caso, di vedere il futuro sviluppo del personaggio, per cui l’autrice ha già in mente diverse altre avventure.

Melvina di Rachele Aragno | Recensione è di MangaForever.net

Tex Willer 8 – La Prigioniera | Recensione

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Continuano le avventure del giovane Tex, tra nuovi e vecchi nemici, compagni di viaggio con cui condividere grandi momenti d’azione, ed un unico punto in comune: la presenza di Tesah.

La giovane principessa Pawnee è il personaggio che Mauro Boselli ha maggiormente utilizzato in queste nuove storie del giovane Tex Willer. Sicuramente un elemento che richiama l’attenzione di molti nemici di Aquila della Notte, e che a livello narrativo fornisce ottimi spunti, è il fatto che Tesah conosce il luogo dov’è custodito il tesoro dei Pawnee. Questo spunto è stato utilizzato in contemporanea anche sulla serie regolare, mettendo al centro il popolo dei Pawnee, e la stessa Tesah.

Nel nuovo numero di Tex Willer, intitolato La Prigioniera, il fulcro della storia sarà proprio Tesah, la quale è tenuta in ostaggio dal generale Ortega. Tex perciò dovrà cercare di intervenire, assistito dai suoi compagni Pablo e Miguel. Ma non tutto ciò che sembra presentarsi apparentemente in un modo in realtà è tale, ed Aquila della Notte si ritroverà ad andare incontro a cattive sorprese.

Mauro Boselli porta avanti una narrazione gradevole e che si sta dipanando su più albi. Sicuramente lo squillo maggiore di La Prigioniera lo riserva la parte finale. Il generale Ortega sembra un personaggio che può dire la sua (cattiveria e malizia sono dalla sua parte), ma a sorprendere saranno altre figure,che si riveleranno ancora più subdole e pronte a far male al giovane Tex.

La Prigioniera è un albo di passaggio che intende proiettare il lettore verso il momento di maggior suspense nel quale Tex riuscirà finalmente a incontrare Tesah. Ma il percorso sarà ricco di difficoltà.

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Ad assistere e ad esaltare la narrazione di Mauro Boselli sono i disegni di Bruno Brindisi, il quale dà slancio e imponenza al giovane Tex, non mancando di offrire un’attenzione per i dettagli importante, ed un’espressività dei personaggi capace di far funzionare ogni situazione.

Le avventure del giovane Tex si propongono il difficile obiettivo di creare una narrazione concatenata, che albo dopo albo si dipana tra avventura capaci di aprire nuovi scenari e situazioni sorprendenti. Certo, è chiaro che in una narrazione di questo genere possano esserci dei momenti di alti e bassi, ma, se Boselli cercherà di sfruttare questa nuova testata per aprire uno spazio su un Tex inedito, allora i prossimi albi ci riserveranno delle sorprese.

Perché i primissimi albi nei quali veniva proposto un Aquila della Notte bandito, braccato dagli uomini della legge (e da una certa giustizia distorta), esaltavano la potenza del personaggio. Ora, nelle ultime storie, siamo arrivati ad una situazione di stallo, nella quale Tex è alla ricerca di Tesah, ed ha al suo fianco vari compagni di viaggio che lo supportano in una impegnativa traversata messicana.

Ma, ultimamente, stiamo vedendo un giovane Tex con pochi sprazzi di giovinezza. Aquila della Notte ha dimostrato nei primi albi una certa audacia, un po’ di spavalderia, ed un minimo d’immaturità, elementi che è giusto vedere in un ragazzo che ancora si deve formare. Negli ultimi albi, questo spirito giovanile ha trovato un po’ meno spazio, ed ha anche penalizzato il peso narrativo delle storie.

Ma il finale di La Prigioniera proietta Tex in una situazione difficile. Vedremo se il suo spirito giovanile ed il potenziale che lo renderà in futuro il ranger che tutti conosciamo verrà fuori in maniera forte.

Tex Willer 8 – La Prigioniera | Recensione è di MangaForever.net

Shadowplay Collection Vol. 1 | Recensione

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Renato Umberto Ruffino e Pierpaolo Pasquini sono le due menti della Prankster Comics, la giovane e intraprendente casa editrice indipendente che sta pubblicando fumetti di vario genere, tutti molto interessanti. Shadowplay gioca un ruolo importante poiché si tratta della prima opera proposta da questa etichetta. Finora sono usciti sette numeri ma è disponibile anche questo albo, intitolato Shadowplay Collection, che ripropone i nn. 0 e 1, ormai introvabili.

Gli autori sono proprio Ruffino e Pasquini e, come è scritto nell’introduzione, in principio Shadowplay aveva un’impostazione un po’ amatoriale e i due episodi, prima di essere ristampati, sono stati, quindi, lievemente rivisti e modificati, a livello di testi e disegni. Con un titolo che si ispira a un celebre brano dei Joy Division, la serie ha un’atmosfera cupa e tenebrosa. Possiamo definirla horror, dal momento che affronta il tema del vampirismo.

La storia è ambientata nel periodo della Santa Inquisizione e Ruffino introduce i due personaggi principali della collana: Corgan ed Eros. Il primo è uno spietato inquisitore che cerca di servire Dio, anche con metodi discutibili e violenti (ma, a quanto è dato intuire, non è irreprensibile ed è forse coinvolto in attività che non hanno nulla a che vedere con il cristianesimo). Il secondo è un tormentato vampiro, dall’aspetto vagamente somigliante al Wolverine della Marvel, finito nelle mani del sadico Corgan.

Ruffino ci narra le sue origini e spiega in che modo Eros è divenuto un vampiro e non si tratta, comunque, di un’origine banale. Eros riesce poi a liberarsi dai suoi aguzzini ed è qui che la trama vera e propria incomincia a svilupparsi. Lo scrittore delinea una story-line coinvolgente, caratterizzata da un bel ritmo, con una struttura narrativa che fa spesso uso di riusciti flashback che aiutano il lettore a comprendere i trascorsi di Eros.

Ovviamente, trattandosi di una vicenda horror, non mancano sangue, efferatezze, demoni ed esseri mostruosi. Appare anche un enigmatico lampyr di nome Bela Lugosi e qui Ruffino, oltre a rivelarsi ironico, si dimostra curiosamente citazionista. Costui, a quanto si può capire, sarà destinato a svolgere un ruolo importante in Shadowplay. Testi e dialoghi sono curati ed efficaci e nel complesso l’autore fa un buon lavoro.

I disegni sono di Pierpaolo Pasquini che ha un tratto volutamente grezzo e aggressivo, adatto a un’opera che fa della violenza e delle emozioni estreme gli elementi fondamentali. Le sequenze d’azione, in particolare, hanno il giusto dinamismo e in alcune vignette il penciler esprime molta plasticità, specialmente per ciò che concerne la appresentazione delle figure umane.

In definitiva, Shadowplay Collection è una proposta valida che potrebbe piacere ai fan dell’horror e a coloro che apprezzano le storie di vampiri. Da provare.

Shadowplay Collection Vol. 1 | Recensione è di MangaForever.net

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